Le conseguenze economiche e sociali della pandemia sono state sino a oggi parzialmente attenuate da vincoli e misure «tampone», la cui durata non può che essere a termine e delle quali infatti si intravede già la scadenza. La ripresa economica richiederà politiche di indirizzo, che saranno giocoforza orientate alla transizione green e digital prevista dalla ripartizione dei fondi del Pnrr. Ma la ricchezza su cui il paese può contare non è solo quella a debito o a fondo perduto, che peserà sulle generazioni future, ma anche quella interna qui e ora. A riguardo, il gruppo «proposta keynesiana» ha stimato che, secondo i dati pubblicati dalla Banca d’Italia (Relazione annuale, 2019 e 2020) il patrimonio finanziario totale delle famiglie è pari a 4.445,4 miliardi ed è molto concentrato: dai dati del 2016, risulta che il 10% più ricco possiede più di metà della ricchezza finanziaria. Da allora, la distribuzione si è fatta ancora più asimmetrica. Di conseguenza, con aliquote molto basse e «mirate» si può ottenere un gettito importante.

In presenza di uno shock esogeno di questa portata, in una collettività organizzata non vi sarebbe dubbio che chi ha di più – chi ha molto di più – dovrebbe aiutare chi ha di meno. Siamo pronti per questo passo? Tra gli argomenti critici sollevati contro la proposta di un prelievo patrimoniale, si trova spesso quello di chi sostiene: «Eh, ma un’imposta patrimoniale non si può fare perché colpisce la classe media!». È così? Il recente sondaggio a un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana, realizzato da Tax Justice Italia, racconta una storia diversa e mostra che due cittadini italiani su tre sono favorevoli a un’imposta che colpisca chi ha patrimoni maggiori di 8 milioni di Euro.

Alla domanda: «Sostieni o ti opponi alla seguente proposta? Le persone che possiedono più di 8 milioni di euro dovrebbero pagare un’imposta annuale aggiuntiva dell’1% del loro patrimonio totale per finanziare la ripresa dalla pandemia da Covid-19 e aiutare le persone bisognose», le risposte sono state nette: il 66% è fortemente d’accordo/d’accordo, il 25% non è d’accordo né in disaccordo e solo l’8% è in disaccordo.
Il consenso è trasversale alle appartenenze politiche: i favorevoli sono il 65% tra gli elettori della Lega, il 77% tra quelli del Pd, il 59% tra chi sostiene Fratelli d’Italia, il 77% tra gli elettori del Movimento 5Stelle e il 66% tra quelli di Forza Italia.

Secondo le stime calcolate dagli autori dello studio, il gettito così generato sarebbe pari a 5.1-7.6 miliardi di euro, mentre una tassa europea con aliquote e soglie di esenzione diverse potrebbe creare un gettito anche superiore (si veda qui). La formulazione della domanda indica che il consenso non è generico, verso qualsiasi tipo di prelievo patrimoniale, ma è calibrato sui grandi patrimoni e con l’obiettivo specifico di «aiutare le persone bisognose». Una sorta di «patrimoniale di scopo sociale», presumibilmente di natura temporanea. Forse anche per questo motivo, la percentuale degli elettori di Liberi e uguali che si dice fortemente d’accordo con la proposta (41%) è uguale a quella di chi dichiara di votare per Forza Italia (40%) e del Movimento 5 Stelle (43%). Gli elettori leghisti «fortemente d’accordo» sono il 36%.

La maggioranza ora al Governo avrebbe quindi un forte consenso nel Paese per una «patrimoniale di scopo», legata a un obiettivo di solidarietà, piuttosto che di occupazione o di coesione sociale. Una proposta che sarebbe tanto più credibile quanto più venisse formulata all’interno di una riforma fiscale complessiva, che reintroduca la progressività fiscale dell’Irpef, riduca il cuneo fiscale, tassi le rendite improduttive. Dal punto di vista politico non è mai esistito nella storia Repubblicana un periodo più favorevole per una revisione del sistema fiscale in senso perequativo e di sviluppo. Per le forze di centro-sinistra, la questione fiscale è stata a lungo vissuta come tabù. È il momento di trasformarla in un totem.

@FilBarbera