È ufficiale: Papa Francesco farà una tappa a Cuba prima di iniziare la sua visita pastorale negli Stati Uniti il prossimo settembre. E non sarà certo uno scalo tecnico, ma un’importante visita carica di significati simbolici del pontefice che ha avuto un ruolo importante nel processo che sta abbattendo l’ultimo muro della guerra fredda, quello tra l’Avana e Washington. Francesco infatti inviò una lettera a Raúl Castro e Barak Obama per invitarli a iniziare il disgelo e offrì il Vaticano come sede dei negoziati finali per giungere alla storica dichiarazione del 17 dicembre dell’anno scorso sulla volontà di ripristinare le relazioni diplomatiche tra i due paesi.

Proprio per questa ragione, si avverte già nell’isola una grande aspettativa per l’arrivo del primo papa latinoamericano: «Perché quasi certamente nel discorso che – primo pontefice – farà di fronte al Congresso degli Stati uniti, Francesco farà riferimento all’importanza del processo di ristabilimento delle piene relazioni tra Cuba e Usa», sostiene Enrique Lopez Oliva, analista e professore di Storia delle religioni dell’Università dell’Avana. «Il reiterato appoggio del papa a tale processo – continua – sarà prezioso per Obama e creerà difficoltà ai leader repubblicani cattolici, il cubanoamericano Marco Rubio e il potenziale candidato alla presidenza Jebb Bush, che sparano a zero contro la politica del presidente».

Il vertice della Chiesa cattolica, unica organizzazione oltre al partito comunista a essere capillarmente presente in tutto il territorio dell’isola, è da tempo impegnato a sostenere la politica del presidente Raúl Castro per un disgelo con gli Usa. In una recente intervista alla rivista dell’Arcivescovato dell’Avana, Palabra Nueva, il cardinale Jaime Ortega ha affermato che per la Chiesa «dialogo è una parola chiave. Il dialogo è alla base delle relazioni tra Chiesa e Stato cubano (…). Quella del dialogo è l’unica diplomazia del Vaticano». E tale «diplomazia del dialogo» in corso ormai da più di cinque anni nell’isola ha profondi riflessi nel rafforzamento della società civile, uno degli obiettivi richiesti sia dagli Usa, sia dall’Ue per il pieno ristabilimento delle relazioni reciproche.

«Per questa ragione vi è una grande aspettativa per la prossima visita del papa non solo tra i cattolici ma anche da parte di tutti i cubani», sostiene Lopez Oliva. Le relazioni tra Stato e Chiesa «stanno entrando in una nuova fase storica». Lo indicano una serie di fatti, come l’incremento della partecipazione della popolazione alle funzioni religiose (a Pasqua le chiese erano stracolme), il fatto che il tema religioso non sia più un tabù, anzi che a livello accademico siano iniziati corsi di studio che trattano, in una forma o nell’altra, il ruolo della religione nella società e l’attenzione che la stampa (controllata dal governo) riserva alla religione, come dimostra anche l’intera pagina dedicata due giorni fa dal quotidiano del Pc, Granma, a un’intervista con Frei Betto, autore del libro (1985) Fidel y la religión.

Il frate brasiliano ha definito Fidel «uno dei pochi leader socialisti che hanno assunto la propria formazione religiosa come un valore». «Non escludo, continua Lopez Oliva, che vi sarà un incontro tra Francesco e Fidel, entrambi si sono formati in un collegio di gesuiti e entrambi potranno commentare come questa formazione ha contato nella loro vita».

La visita di Francesco è vista come sviluppo della linea indicata nel 1998 durante la sua visita a Cuba da papa Giovanni Paolo II, il quale chiese che «Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba». «La missione del pontefice a Cuba e negli Usa non può che essere inquadrata in questa ottica politica – afferma Lopez Oliva -: rafforzare il dialogo in corso con Washington e appoggiare il processo per la firma di un Trattato di dialogo politico e cooperazione con l’Unione europea. Proprio in questi giorni il ministro degli Esteri Bruno Rodriguez è in missione in vari paesi europei».

La visita, nel marzo del 2012, di Benedetto XVI rafforzò questa linea, soprattuto per quanto riguarda l’apertura del governo cubano alla Chiesa. Come da richiesta del papa tedesco, il governo proclamò giorno festivo il venerdì santo (misura attuata quest’anno per la prima volta).

Le conseguenze di tale apertura sono valutate positivamente dalla popolazione, specie in un periodo complesso come quello in corso, caratterizzato da una grande aspettativa, ma anche da un’evidente inquietudine, riguardo ai cambiamenti in corso e al futuro immediato, specie a causa della pesante crisi economica. L’appoggio della Chiesa alla linea del dialogo e delle riforme è dunque importante, come pure il suo ruolo di mediazione su alcune richieste di base, come una maggiore presenza della società civile in settori come la formazione e l’informazione. Settori questi dove la Chiesa chiede più spazio, con qualche successo.