Daniel Auteil celebrato interprete del cinema francese è famoso per il suo carattere imprevedibile ed eccentrico. In Le Brio (tradotto Quasi nemici per assonanza con il campione di incassi Quasi amici) è il prof Pierre Mazard dell’università di Assas (Paris II) dal comportamento razzista e politicamente scorretto, tanto che dovrà comparire di fronte a una commissione d’inchiesta per un suo probabile esonero dall’università pur considerata di destra.
Gli propongono per fare ammenda di allenare al concorso di retorica Neila Salah (Camélia Jordana) la studentessa di diritto al primo anno che lui ha offeso. Si contrappongono così due tipi di interpretazione come in un training di recitazione (dall’esperienza del regista, attore anche per Pollack e Spielberg).

Impensabile per il nostro cinema l’intreccio è basato su materiali filosofici, sull’Arte di ottenere ragione (Eristische Dialektik) di Schopenhauer sviluppato in 38 stratagemmi. Non la dialettica hegeliana quindi, non la ricerca di un livello superiore di conoscenza, ma le mosse per far valere la propria ragione a dispetto della verità. Divertente sottotesto che ci fa confrontare con i trucchi dei discorsi dei politici (evidentemente non solo italiani), con le astuzie degli avvocati, insomma con la piena integrazione in Europa. Yvan Attal qui al suo quinto film si propone di svelare i meccanismi dei codici di una società razzista, conservatrice, intollerante. Qualche schematismo di racconto si perde a favore della protagonista assoluta, «la parola» vista come potente strumento contro l’odio.