A leggere i testi stampati sui muri che accompagnano il percorso della retrospettiva che il Centre Pompidou dedica a Jeff Koons (fino al 27 aprile 2015) ci si convince di essere di fronte a uno dei grandi artisti contemporanei. Il curatore, Bernard Blistène, direttore del Musée National d’Art Moderne, che ha realizzato la mostra in collaborazione con il Whitney Museum, spiega l’intero corpus delle sue opere come fosse uno specchio della società dei consumi: la sua bulimia, l’ossessione della tecnicità e della perfezione del prodotto, il posto preponderante che ha assunto l’entertainment, persino le banali fantasie sessuali presentate nella sola sala chiusa del percorso (vietata ai minori).
La rassegna è una passeggiata cronologica in un grande spazio aperto, che ricorda quello di un supermercato. Koons parla di noi e del mondo in cui ci troviamo a vivere. Le icone del nostro tempo, da Michael Jackson a Popeye, i giocattoli ingigantiti – come il famosissimo Balloon Dog – sono gonfiati, vuoti, pieni d’aria, esplicitano solo la superficie perfetta, realizzata con tecniche precise (e carissime). Gli oggetti banali che, nella realtà del supermercato, sono di plastica, qui vengono trasfigurati in manufatti preziosi, realizzati con materiali lussuosi e sofisticate tecniche di ingegneria. Koons dà l’impressione di aderire al modello che propone, «tutto ciò che vi interessa è lì, è disponibile». Lo fa al deuxième degré? È ironica la sua rappresentazione? «C’è una forma di ottimismo nella mia opera – ha affermato – Desidero comunicare sensazioni al pubblico, voglio che senta che amo la vita, che amo prendere parte al mondo». Rivendica il fatto di realizzare opere che esaltano il gusto della classe media americana, si presenta addirittura come il suo portavoce. Ma, aggiunge, parlando della perfezione delle realizzazioni e della monumentalità che assumono degli oggetti banali della società dei consumi: «Forse c’è l’idea di sopravvivenza, ho trasformato un oggetto senza qualità ed effimero – un semplice palloncino – in un’opera monumentale che ha il potere di sopravvivere».
Il problema è che le opere hanno perso – o nascondono accuratamente – ogni dimensione sovversiva o almeno critica, caratteristica delle correnti a cui Koons fa riferimento dal punto di vista artistico (Duchamp, Pop Art, Minimalismo, Dada, Surrealismo, Fluxus, ma anche Manet o Courbet). L’artista interroga la società solo dalla prospettiva dei templi del consumo, dell’immagine liscia che vuole dare di sé. Non c’è nessun riferimento al rovescio della medaglia.
L’adesione al modello dominante ha un suo riscontro concreto nella questione dei prezzi delle opere: Koons è l’artista vivente più caro al mondo. È questo aspetto che ha investito soprattutto l’inaugurazione della retrospettiva al Beaubourg, la prima realizzata in Europa. Le polemiche sollevate ai tempi del suo intervento a Versailles, nel 2008, sono ormai acqua passata.

Koons, che è stato trader a Wall Street (ma solo per pagarsi il costo della realizzazione delle opere, assicura), è diventato l’emblema del mercato dell’arte: il record l’ha raggiunto con la vendita da Christie’s a New York nel 2013 di uno dei cinque esemplari di Balloon Dog per 58,4 milioni di dollari (da Christie’s, del resto, era iniziata l’ascesa dei suoi prezzi, con il grande Pink Party, la festa pacchiana nel 2001 con millequattrocento invitati, in onore della Pantera rosa – nel 2011 è stata comprata a 16,8 milioni di dollari). I prezzi delle opere di Koons sono saliti negli anni in modo esponenziale, mettendo in luce il meccanismo di costruzione del valore, tra gallerie, case d’asta, fondazioni e musei.
La retrospettiva del Pompidou presenta la produzione di Jeff Koons degli ultimi trentacinque anni. Il percorso inizia con gli Inflatables, la prima serie dell’artista, del 1979, che si compone di giocattoli o oggetti di decorazione gonfiabili, collocati su specchi o Plexiglas: fiori e conigli del supermercato diventano sculture e nature morte. Pre-New e The New presenta piccoli elettrodomestici simbolo della società dei consumi Usa, in particolare degli aspirapolveri (in inglese vacuum cleaner, riferimento al «vuoto»), illuminati da neon come in vetrine commerciali.
Con Equilibrium, Koons affronta la questione della mitologia dello sport nella cultura Usa: riproduzioni in bronzo di diversi articoli sportivi e i Tanks, gli acquari che contengono palloni da basket, che sfidano le leggi della fisica (si è rivolto al premio Nobel Richard P. Feynman per realizzarli). Luxury and Degradation (1986), è una serie di pitture che riproducono pubblicità di alcolici (con la riflessione che più la bevanda è cara e si rivolge ai ricchi, più la pubblicità è astratta). Poi Statuary, con riproduzioni di sculture, dal busto di Luigi XIV al coniglio gonfiabile, Banality, con opere in legno o porcellana, Celebration con sculture monumentali che hanno richiesto, ognuna, anni di lavoro. Seguono esempi delle serie Easyfun, Antiquity e i due cicli dedicati agli eroi della cultura popolare, Popeye e Hulk Elvis.

La mostra finisce con gli ultimi lavori, Gazing Ball, repliche di capolavori antichi, bianchissimi, a cui è stato aggiunto un palloncino blu, elemento di decorazione esterna tipico degli Usa. Nella sala separata, c’è Made in Heaven, quel ciclo hard (ma sempre liscio e kitsch) realizzato con Cicciolina, la porno star che Koons ha sposato nel ’91. Ora Koons, riconvolato a nozze, si presenta come un perfetto padre di famiglia, con sei figli.