Chierico di strada, militante antifascista, ma anche, e soprattutto, prete della chiesa del Concilio Vaticano II. Ci teneva don Gallo a ricordarlo: «Sono nato prete con il Concilio», eppure nella chiesa si è sempre mosso come una figura borderline.
Lontano dal potere politico e ecclesiastico don Gallo lo è stato fin dall’inizio del sacerdozio nel 1959. Aveva attraversato la vicenda resistenziale come staffetta partigiana per poi intraprendere il noviziato salesiano e la missione in Brasile; esperienze che lo hanno segnato profondamente imprimendo i tratti della sua missione: in difesa degli ultimi, secondo l’insegnamento di don Bosco, ma senza dismettere le armi della battaglia politica. Quando nel 1962 si apre il Concilio, don Gallo è un giovane prete di città e come tanti suoi coetanei vive quell’evento come seconda Liberazione, come un’occasione per «ricomporre lo scisma tra il cattolicesimo romano e il mondo moderno». Nasce da qui il dissenso, nello scarto tra l’entusiasmo (e le fantasie) suscitate dall’annuncio della «nuove pentecoste» e una riforma della chiesa scandita dai compromessi e da continuità inaccettabili per quei giovani che vogliono realizzare il Regno in terra. Nasce nella chiesa, ma la chiesa fa parte del mondo, come ha ribadito lo stesso Concilio, e col Sessantotto la Liberazione diventa anche un obiettivo politico.
Con il «riflusso» della contestazione nel decennio successivo questo modo di vivere la chiesa fa scuola nei nuovi settori delle ong e del volontariato: don Gallo diventa un punto di riferimento. Le ultime battaglie del prete genovese sono storia recente: da quelle in difesa della Costituzione, al G8 di Genova contro la globalizzazione fino agli scontri con la Santa Sede sui diritti delle coppie lgbt e contro il «ruinismo». Vicino ai partiti della sinistra radicale e al mondo del lavoro, il prete genovese ha tenuto insieme il piano della politica, contaminandosi con i movimenti, con quello pastorale nella propria comunità e in una posizione di critica all’interno della chiesa. Questa sua decisione (e capacità) di muoversi ai confini (ma rimanendo dentro l’istituzione) lo distingue da molti altri esponenti di quella galassia del cattolicesimo di sinistra dove viene solitamente collocato.
Come si è detto, don Gallo, era soprattutto un prete, un prete di quel Concilio da lui interpretato come l’annuncio di una rivoluzione terrena che rimproverava al «sistema di potere romano» di aver voluto affossare.