Marco e Sara sono due bambini, uno brianzolo, l’altra è meridionale, vivono a Seveso. Si conoscono, incuriositi l’uno dell’altra, sono diventati amici del cuore. Nel romanzo di Laura Conti, partigiana, scrittrice, dottoressa, fondatrice della Lega per l’Ambiente, sulla loro storia, già così tenera, plana, nera nuvola di morte, la nube di diossina della Icmesa. Sono belle, colorate, così come dovrebbe essere in ogni orticello periferico che si rispetti, le verdure che coltivano i genitori di Sara. Peperoni rossi, gialli e verdi, le melanzane, i pomodori e tanti, tanti conigli e galline e la mamma che ogni cosa sa conservare e cucinare, trasformare in sughi, e barattoli e vasetti di vetro da tutte le parti ed i peperoncini piccanti che “solo i meridionali possono mangiare”. Laura Conti con il suo “Una lepre con la faccia da bambina” si fece conoscere oltre i confini nazionali, una miniserie televisiva fu ricavata e tra le attrici, Franca Rame e Amanda Sandrelli. Quanti orti, migliaia di orti, sono stati distrutti, in tutto il mondo per sopraggiunti disastri chimici e nucleari. Ricordiamo tutti il divieto di mangiare le verdure dopo Chernobyl, si prescriveva dove veniva trovato un maggior numero di radionuclidi nel terreno, di asportare centimetri di suolo.

Terreno contaminato, in Austria, nei parchetti dei bambini, essendo la sabbia un elemento che favorirebbe la concentrazione degli elementi radioattivi, procedettero al radicale ricambio.

Bhopal, in India, lo stesso disastro, ciò che avvelena gli uomini, avvelena sempre anche la terra e l’acqua. Quante verdure amorevolmente coltivate, avrà dovuto buttare, la mamma di Sara, quel luglio del 1976. Una Sara immaginaria ma chissà quante bambine avrà conosciuto nel suo lavoro di dottoressa specializzata in ortopedia, Laura Conti, in giro nell’hinterland milanese, quante realtà vere, come questa narrata.
Ovunque si spostino, gli esseri umani portano con sé le proprie sementi, così hanno fatto gli emigrati meridionali agli inizi del Novecento negli Usa, così continuano a fare, i migranti che attraversano il Mediterraneo, oggi, si possono vedere, i pugni di terra, raccolti a Lampedusa dai compagni di Porto M. Negli orti, è stato vero a Torino, a Milano, a Genova, negli anni del boom economico, fuori città, sorgevano orti spontanei ed in quegli orti le culture del sud e del nord si mescolavano. Quanti Marco e Sara si saranno davvero conosciuti ed innamorati all’ombra di fichi e di peschi. Gli orti, ancora oggi, gli orti condivisi, luogo di scambio e di socialità.
Ricordiamo Laura Conti, ambientalista dal cuore grande. A Milano a lei è dedicato un giardinetto, idea gentile, se diventasse di più, un “Orto con la faccia da bambina” un orto didattico, sarebbe davvero appropriato. Un orto per grandi che insegnino ai piccini di ogni parte del mondo come sono buoni i pomodori cresciuti senza veleni e come è bella l’amicizia, quella che come i fiori, germoglia incurante delle pelli dai colori diversi, proprio in un orto.