La memoria e la ripresa intelligente sono da tempo le linee guida del cartellone del Teatro alla Scala di Milano. Non solo nel 225° anniversario della morte di Wolfgang Amadeus Mozart viene proposta una nuova produzione de Le nozze di Figaro, con la direzione di Franz Welser-Möst, direttore musicale della Cleveland Orchestra, e la regia del giovanissimo Frederic Wake-Walker, rivelazione al Festival di Glyndebourne 2014 con La finta giardiniera, ma la poltrona che troneggia al centro dell’allestimento, le cui scenografie sono firmate da Antony McDonald, e il suggeritore presente a lato del boccascena dall’inizio alla fine, omaggiano esplicitamente le celeberrime Nozze di Figaro scaligere curate nel 1981 da Giorgio Strehler e riprese nove volte fino al 2012.

L’omaggio, intelligente e giocoso (la poltrona viene sfondata da Figaro all’inizio del I atto), mantiene il cuore dell’idea aurea di Strehler, che si era imposto di rispettare alla lettera le indicazioni del libretto di Lorenzo Da Ponte al fine di conservarne la verve comica e le arditezze, riscattandolo dallo stereotipo «giochetto di un falso diciottesimo secolo pudico, decente». Ora come allora la sensualità del testo e della musica si traducono in gesti e azioni espliciti: mentre però Strehler, all’interno di una rappresentazione regolata da un imperativo di naturalismo del quotidiano, centrava questo aspetto sull’incontenibile sessualità adolescenziale di Cherubino, Wake-Walker, duplicato il modello con un dispositivo metateatrale pervasivo (una scenografia teatrale che si costruisce davanti agli occhi del pubblico all’inizio e un dietro le quinte in cui si svolge gran parte dell’azione), si concentra sulla carica erotica e seduttiva di Susanna e sull’astuzia con cui lei se ne serve per raggiungere i suoi scopi nell’arco della folle journée ideata da Beaumarchais.

Welser-Most dirige assecondando il vitalismo della regia, mettendo al centro dell’opera «la celebrazione delle qualità umane, e il riconoscere come in fondo ciascuno abbia le proprie ragioni. Il perdono dell’ultimo atto significa proprio questo: nessuno di noi è perfetto, ma nessuno di noi è completamente cattivo». Grande attenzione viene prestata ai personaggi femminili, cui «per la prima volta in quest’opera Mozart e Da Ponte attribuiscono qualità poetiche» come «il sogno e la capacità di astrazione», rese da due voci eccellenti: Diana Damrau (la Contessa) e Golda Schultz che rivaleggia con lei costruendo una Susanna la cui delicatezza (di timbro e di portamento) è allo stesso tempo un tratto sostanziale e un’arma letale.