Ieri ho attraversato per la prima volta il nuovo ponte sulla Baia che unisce Berkeley a San Francisco. Opera faraonica, costata sei miliardi e mezzo di dollari, quattro volte e mezzo quanto stimato in origine, aperta con grande ritardo dopo 23 anni dalla decisione di costruirlo presa immediatamente dopo il terribile terremoto del 1989 quando una campata del ponte crollò causando la morte di alcune decine dia automobilisti.
Il vecchio Bay Bridge, che ora sarà smontato e demolito con un’ulteriore spesa miliardaria, era stato costruito nel 1930 in poco più di due anni, terminato in anticipo e con una spesa inferiore alle previsioni. La costruzione aveva creato dieci volte più posti di lavoro di quella attuale meccanizzata in modo spettacolare. Il vecchio ponte funzionava perfettamente fino al giorno prima dell’apertura del nuovo ma il prezzo del transito era quintuplicato nel corso del progetto per far fronte in parte al costo di quello nuovo. A costi rivalutati il costo di ogni metro del ponte del 1930 era di 90.000 $ mentre quello di oggi ne è costati 1.5 milioni circa. Sostituire il Bay Bridge è stato come sbarazzarsi di un veicolo perfettamente funzionante per prenderne uno nuovo. Un’azione futile e costosa.
Arrivato a San Francisco ho attraversato Market Street, scavalcando qualche decina di senzatetto per recarmi in Montgomery Street. Ogni anno i poveri che bivaccano davanti all’Università nella U.N. Plaza, proprio dove Eleanor Roosevelt uscì sventolando la Carta dell’Onu, aumentano a vista d’occhio.
Ero stato invitato a una discussione sulla guida pratica alle strategie nonviolente per i movimenti sociali, «The Non Violent Way», di prossima pubblicazione, scritto da Michael N. Nagler, un accademico di Berkeley studioso di Gandhi. Un seminario importante, in un’America dove il Nobel per la Pace Obama si appresta a far nuovo strame della Carta Onu, mentre la discussione pubblica è soltanto se possa o non possa farlo indipendentemente dal Congresso.
Era difficile smettere di pensare a come quei 7 miliardi di dollari del Ponte avrebbero potuto essere spesi per programmi sociali di aiuto alla disperazione umana dei senzatetto. Ed era anche difficile smetter di pensare che la lievitazione scandalosa dei costi di costruzione era dovuta al sistema di finanziamento delle tecnologie nuove, distruttrici di posti di lavoro, utilizzate per la costruzione, semplicemente inesistenti (come inesistenti erano i modelli giuridici e finanziari utilizzati per questi giganteschi project financing), ai tempi di Roosevelt. Insomma il sistema finanziario era responsabile tanto dell’aumento dei senzatetto quanto di quello dei costi del Ponte, con una connessione non troppo evidente ma non disputabile.
La discussione ovviamente si è svolta con in mente la Siria e gli apparati economici, indifferenti ad ogni ragionevolezza, che determineranno un ulteriore uso di violenza militare.
Nagler ha chiarito subito che esser nonviolenti in modo politicamente efficace non può significare porgere l’altra guancia o porre in essere atti puramente simbolici. Significa piuttosto, pur nel dispiegamento della forza necessaria per rendere efficace la propria resistenza in nome della verità, utilizzando il satiagraha (atto formalmente illegale) soltanto quando assolutamente necessario, per resistere senza paura, senza rancore e senza volontà violenta alla violenza ingiusta che viene rivolta contro di noi, contro i nostri fratelli e contro la natura.
Come accade in Val Susa a quelli che si battono, con forza necessaria ma mai sproporzionata rispetto all’aggressione subita. Per rispettare la verità e la legalità costituzionale calpestate con un’azione repressiva a favore di norme ingiuste e illegittime. Ma se Occupy Oakland è un ricordo di due anni fa (vedremo se la guerra risveglierà qualche spirito) No Tav vive sempre più forte, esempio per tutti della costanza e della determinazione necessarie per sovvertire l’ordine violento delle cose.
Il diritto appartiene al popolo che può e deve rispettarlo soltanto quando lo senta giusto e legittimo, non usato per scopi di classe o per intimidire violentemente chi cerca di far sentire la voce della ragione con i mezzi che ha a disposizione, siano essi quelli di un grande scrittore, di un grande filosofo o di un semplice cittadino che conosce la Costituzione. La lotta non violenta si rafforza in proporzione alla brutalità della violenza subita e della menzogna che la sostiene: un altro insegnamento del manuale di Nagler.