Diciamo la verità. Fino a poco tempo fa, il nuovo super oligarca dalla foggia post-moderna e dall’espressione artificiale (intelligenza2.0?) non era neppure granché noto. Anzi.

Dalle tribune dei decisori politici, spesso indietro di un po’ di puntate, si levava probabilmente – a sentirne il nome- l’attenzione afona che si presta a un carneade qualsiasi.

Ora, figuriamoci. A partire dai repubblicani statunitensi, è tutto un corteggiamento, scaturito in un pressing alquanto sostenuto per far ottenere al miliardario (il più ricco del mondo?) i prestiti bancari necessari per il grandioso esborso di 44 miliardi di dollari volto all’acquisto del social dei piani alti della navigazione: Twitter. Ha ben scritto sull’argomento Giovanna Branca su il manifesto dello scorso martedì 26 aprile.

Sembra utile, però, cercare di interpretare un evento gravido di conseguenze.

Intanto, una considerazione sul contesto. Il potente magnate ha un enorme potenziale tanto nelle attività finanziarie, quanto per la varietà dei settori in cui opera. Dalle auto elettriche della sua Tesla, alla struttura spaziale SpaceX cui fanno riferimento 18.000 satelliti (gli Stati uniti ne hanno 1.600 e la Cina 200), all’intermediario per i pagamenti elettronici PayPal, al business delle microbiologie. Un impero sconfinato, superiore a quelli dei blasonati tycoon delle Tech. E qui, forse, sta un punto chiave della vicenda. All’estensione proprietaria non corrisponde un ruolo pubblico adeguato.

L’antica maledizione dei capitalisti d’assalto cambia veste, ma rimane. In altri tempi il problema era l’acquisizione delle testate di una carta stampata ancora in salute. Poi seguì l’epopea televisiva analogica e generalista, quando la comunicazione divenne direttamente politica. Il caso Berlusconi assunse una funzione anticipatrice di una tendenza assurta a normalità con l’incrocio tra il leaderismo politico e lo spregiudicato utilizzo dei social.

Se non ci si inserisce nel tessuto nervoso dei flussi di dati, si pensa di non esistere. Ecco, dunque, che l’astuzia rapace di Musk ha annusato la preda maggiormente scalabile. Twitter ha circa 200 milioni di utenze realmente attive, meno di un decimo di Facebook. Tuttavia, dispone di una clientela di personalità politiche e istituzionali, di manager e dirigenti. E, soprattutto, è il canale molto utilizzato da chi opera professionalmente nell’informazione: 5 milioni di giornaliste e giornalisti.

Annunci a catena hanno svelato gli intenti: il social verrà potenziato e ridefinito, senza barriere di ingresso. Tradotto: Trump, espulso dopo i fatti di Capitol Hill, verrà riammesso. E se l’Europa – dopo il regolamento sulla privacy del 2016- sta varando normative meno generiche in materia di responsabilità dei gestori (appena varato il Digital Services Act), chi se ne importa. I nuovi oligopoli sono una sorta di meta stati, disinteressati a leggi e regolamenti che hanno difficoltà persino a individuarne le sedi legali.

Se si unisce l’abile entrata nella scena dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi di scrittura automatica, si comprende che Twitter assumerà sembianze tutt’altro che aperte e buoniste come Musk promette. Si passerà ad un ulteriore stadio della profilazione, quella neurale.

Insomma, le cose della realtà fanno impallidire i capolavori della fantascienza e Orwell ci sembra ormai un buontempone. Ma la sfida è a Mark Zuckerberg, a Jeff Bezos, a Tim Cook, al pioniere Bill Gates che oggi al confronto sembra un bravo ragazzo (e non è vero).

Altro che operazione finanziaria. Arriva una slavina, dalle conseguenze più che imprevedibili, ma certamente non banali o effimere.

La spinta ad osare così sarà pure venuta dal credito acquisito dal guerriero alfa grazie all’aiuto sostanzioso fornito all’Ucraina per ripristinare una rete decente Internet attraverso la flotta satellitare. Un’attività dettata, si potrebbe giurare, dall’accreditamento verso i gruppi dirigenti d’oltre oceano ed europei e non dal dramma del popolo attaccato. Del resto, la tragica guerra ha spezzato il villaggio globale. Russia, Cina e India vanno per conto loro.

Musk gira pagina.