La locandina di Oh Hell No! raffigura un uomo sulla settantina, in ostentato abito classico, che dietro occhiali scuri e un cappello da cowboy lascia intravedere un piglio severo. La mise e la posa farebbero pensare far pensare a un repubblicano di ferro, se non fosse per la cravatta che, con inaspettata iridescenza, stravolge la rigida compostezza dello scatto.

 

 

La persona ritratta è David Mixner, figura chiave del panorama culturale americano, attivista per i diritti umani e pioniere del movimento Lgbt che ha presentato – il 18, Teatro Elfo Puccini, unica data europea – il suo spettacolo, un «one man show» tra stand-up comedy (David sta in piedi di fronte al pubblico armato di solo di parole) e orazione civile.

 

 

Mixner è stato e continua a essere un agitatore culturale (è arrivato in Italia grazie all’Associazione Parks Liberi e Uguali per dare il proprio contributo al tema delle unioni civili), consulente di sei Presidenti Usa, per lui la militanza ha sempre significato «gettare il proprio corpo nella lotta» a cominciare da quella del movimento Lgbt. Ha fondato il MECLA, primo comitato di azione politica gay degli Stati Uniti e il Gay and Lesbian Victory Fund per raccogliere fondi a favore di candidati Lgbt, ed è stato tra gli organizzatori della marcia per il matrimonio egualitario, che ha radunato più di 250.000 partecipanti.

 

 

In Oh Hell No! l’attivismo del protagonista si traduce in una continua interferenza tra sfera pubblica e privata, tante storie per un’unica voce, la sua. E non potrebbe essere altrimenti: ad aver modo raccontare, alla fine, è soltanto chi resta – la ferita dell’Aids è ancora aperta, peccato che venga eccessivamente piegata a esigenze spettacolari e adoperata in maniera ricattatoria.

 

La narrazione procede cercando di dare conto di tutti gli incontri che hanno trasformato un’esistenza in quella che è. L’impressione però è che la voce di Mixner ceda all’assolo, quando invece dovrebbe farsi espressione di un «Io» molteplice, dando spesso la sensazione che le conquiste ottenute dal movimento non ci sarebbero state senza il coinvolgimento di chi le sta rievocando. Purtroppo i «buoni» contenuti non bastano a fare un bello spettacolo che necessiterebbe invece di giusta misura.