«L’elezione di Trump mi ha riempito di amarezza e rabbia, ma non volevo fare un disco di protesta, sentivo di dover dare una risposta emotiva alla tremenda ondata di fascismo mondiale, celebrando la creatività come forma di cura di sé, esprimendo gratitudine». Così Drew Daniel, uno dei due Matmos, maestri nell’arte di far suonare il mondo attraverso una visione a tutto tondo dell’elettronica: accademico imbevuto di Shakespeare, arte contemporanea e cultura LBGT, il non musicista (sulle orme di Brian Eno) muove da un’apparizione abbacinante, come quella che avvolse il San Paolo citato nel titolo. Disegna nove quadri di giubilo psichedelico come via di fuga dalla selva irta di spine di questa epoca infetta. Voci angeliche, percussioni cristalline, limpide figure di pianoforte, il sax di Andrew Bernstein di Horse Lords (il miglior gruppo avant-rock degli Usa oggi). Dovremmo continuare a peccare per far crescere la grazia? Una domanda retorica declinata in ipotesi ambient-soul , vizi celesti praticati all’ombra del glorioso mistero del suono: dialoghi tra esseri umani nel nome di un minimalismo estatico e curativo, un’audioterapia contro cinismo e nichilismo.