Nella Piccola Biblioteca Morale, ideata per e/o, Goffredo Fofi ripropone tre saggi di Ernesto de Martino, scritti rispettivamente nel ’49, nel ’50 e nel ‘64: Oltre Eboli (a cura di Stefano De Matteis, pp. 97, € 8,00). Ricercatore sul campo, teorico e, al contempo militante e dirigente politico, Ernesto de Martino (come Raniero Panzieri, per non parlare di Gramsci) sarebbe oggi un intellettuale tanto auspicabile quanto impensabile. Richiamandosi al libro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, de Martino osserva come sia intrinseco al carattere della società borghese che «Cristo non vada ‘oltre Eboli’». Cosa c’era, meglio: cosa c’è oltre Eboli? «Il mondo popolare subalterno, egli scrive, costituisce, per la società borghese un mondo di cose più che di persone, un mondo naturale che si confonde con la natura dominabile e sfruttabile…. tale mondo, per la società borghese, forma problema quasi esclusivamente (e in ogni caso fondamentalmente) per conquistatori, agenti commerciali e funzionari coloniali, per prefetti e questori». L’oltre Eboli c’era ancora dopo la Liberazione. E oggi? La pubblicità di una nota azienda di supermercati (quanto si sarà arricchita con la pandemia?) suona, come è noto, così: «persone oltre le cose». L’oltre Eboli di oggi è tutta qui. L’umanità a buon mercato. Ciò che de Martino individuava nelle cosiddette classi subalterne, in particolare del Sud di allora, oggi si trova ovunque. Persone ridotte a cose, ma spesso attentamente truccate e esteticamente ben messe.

Nel secondo saggio, Note lucane, de Martino parla di un mondo perduto eppure incredibilmente attuale, e prova un senso di colpa, vergogna e collera di fronte a uomini trattati come bestie: «se la democrazia borghese ha permesso a me di non essere come loro, ma di nutrirmi e di vestirmi relativamente a mio agio, e di fruire delle libertà costituzionali, questo ha un’importanza trascurabile: perché non si tratta di me, del sordido me gonfio di orgoglio, ma del me concretamente vivente, che insieme a tutti nella storia sta e insieme a tutti nella storia cade…provo vergogna di aver io consentito che questa concessione immonda mi fosse fatta, di aver lasciato per lungo tempo che la società esercitasse su di me tutte le sue arti per rendermi ‘libero’ a questo prezzo, e di aver tanto poco visto l’inganno da mostrare persino di gradirlo».

L’oltre Eboli è sempre più al Sud del mondo e si è mostrato con virulenza in questa pandemia, ma il neoliberismo è riuscito a spazzare via il senso di colpa, la vergogna e la collera, al punto che la morte dei più deboli appare inevitabile mentre la logica del profitto nega la socializzazione dei brevetti dei vaccini e la vita delle persone conta meno della macabra, libera negoziazione di mercato.