La giustificazione per i condoni fiscali è sempre la stessa: occorrono risorse. E quello che era sbagliato con Berlusconi e Tremonti non diventa meno sbagliato perché lo fa un governo a partecipazione Pd, che ha già concesso un condono ai concessionari dei videogiochi.

Queste macchine, circa 300.000, dovevano essere collegate al sistema informatico del Ministero per controllarle e garantire il pagamento delle tasse. Questo non è avvenuto per lunghi periodi, contravvenendo alle convenzioni stipulate con i 10 concessionari. Dopo un’indagine la Corte dei Conti condannò i concessionari a pagare 2 miliardi e 800 milioni di euro, facendo uno sconto rilevante rispetto ai conteggi degli inquirenti. Il dato positivo è che i concessionari sono stati comunque condannati a pagare una cifra non disprezzabile.

Il governo ha ridotto la penale a carico dei concessionari al 20 %, solo 600 milioni. Perché? Per incassare in fretta? Eppure c’è una sentenza. Del resto basterebbe minacciare di fare saltare le concessioni. Per di più parte dei concessionari, in particolare quelli quotati in borsa, aveva già accantonato risorse per il pagamento della penale. Tranne uno che è coinvolto in inchieste ben più gravi. Non è solo un condono ma un favore a chi ha frodato lo Stato, malgrado una sentenza della Corte dei Conti. La sfrontatezza di alcuni concessionari è arrivata a rifiutare anche a questo condono a prezzi da fine stagione.

Con il condono lo Stato rinuncia a più di 2 miliardi e quella parte del governo che era stata contraria ad altri condoni precedenti ha commesso un grave autogoal. Quanto sta emergendo per i capitali italiani esportati illegalmente all’estero è ancora più grave. Anche questa volta la motivazione è fare cassa. Lo scudo fiscale ha portato nelle casse dello Stato la ridicola cifra di 5,5 miliardi di euro contro i 105 miliardi circa rientrati, o meglio ripuliti, senza alcuna conseguenza penale. Un condono tombale convenientissimo. Per di più non risulta che l’Agenzia delle Entrate abbia operato per recuperare l’Iva evasa, condonata nell’ambito dello scudo fiscale, come è stato chiesto dalla Ue essendo tributo europeo. Infatti l’Ue ha contestato il condono tombale per la parte Iva che Tremonti aveva aggiunto come sovrappiù, chiedendo all’Italia di recuperare le somme evase. L’Agenzia delle Entrate non facendo nulla per recuperare l’Iva evasa prepara lo scivolamento verso la prescrizione. Malgrado l’enorme convenienza dello scudo fiscale molti capitali italiani esportati illegalmente sono rimasti all’estero, o ci sono andati successivamente.

Per questo sono in corso trattative con gli “stati rifugio” come la Svizzera per superare l’anonimato e questo sta preoccupando chi ha portato soldi all’estero perché teme di venire scoperto. Da qui è iniziato un lavorio, pudicamente indicato come richiesta dei “professionisti”, per fare rientrare i capitali dall’estero senza troppi danni. La prima notizia è arrivata da un convegno presso l’Università di Pavia dove Tremonti, non più ministro, e il direttore dell’Agenzia delle Entrate hanno presentato un’ipotesi di rientro spontaneo dei capitali evasi. Come sia possibile questo apparente miracolo è presto detto. Agli evasori che riporteranno in Italia i capitali illegalmente esportati viene promesso che pagheranno le tasse solo sul presunto guadagno dell’impiego di questi capitali e pagando una sanzione pari alla metà del minimo. La convenienza comincia ad essere interessante per gli evasori, perché non verrebbero pagate le tasse sull’evasione compiuta, ad esempio sull’Iva evasa, ma solo sul guadagno presunto dell’impiego dei capitali esportati illegalmente.

Eppure se qualcuno ha portato fuori dall’Italia dei soldi da qualche parte li ha sottratti e quindi presumibilmente non ha pagato le tasse dovute, ha falsificato bilanci, ha evaso Iva, ha lavorato in nero, ecc. Altrimenti il giochetto avrebbe potuto essere scoperto.

In più viene promessa agli evasori una sanzione pari alla metà del minimo. Perché? Ci si richiama ad un lontano dispositivo del 1997, ma è per lo meno dubbio che sia applicabile a questi casi. Poi chi decide chi merita lo sconto? Per farla breve secondo calcoli del Sole 24 Ore su 100.000 euro esportati illegalmente ci sarebbero da pagare poco più di 1200 euro. Una manna. Meno dello scudo fiscale. Se i quattrini fossero restati in Italia le cifre sarebbero state ben diverse.

Però gli evasori sono sospettosi e vogliono più garanzie. L’Europa potrebbe sempre chiedere l’accertamento dell’evasione dell’Iva e poi c’è lo scoglio del reato penale, che soprattutto per cifre ingenti, non rientranti nello scudo fiscale, potrebbero diventare un problema serio, visto che il rientro dei capitali è in sostanza un’autodenuncia, a cui potrebbe seguire l’incriminazione penale.
Per questo al ministero dell’Economia qualcuno sta studiando come offrire agli evasori anche la modifica delle leggi penali, che sarebbe un fatto gravissimo.
È sperabile che Letta e Saccomanni ci ripensino. Non c’è urgenza finanziaria che giustifichi i condoni. La questione prima che finanziaria è etica, riguarda la correttezza dei rapporti con i contribuenti onesti. Compromettere la fiducia dei cittadini rischia di costare molto di più, perché i condoni promettono futura evasione. I sacrifici richiesti ai cittadini obbligano tutti a comportamenti coerenti. Non si può consentire che chi ha sottratto risorse al paese riesca a farla franca, per di più pagando cifre irrisorie ed evitando le conseguenze penali. Altri paesi hanno risolto altrimenti questo problema. Liste sospette sono state trovate perfino dai servizi segreti (vedi Germania) e hanno consentito di mettere sotto torchio gli esportatori di capitali.