A quattordici anni dall’ultima conferenza nazionale sulle droghe che si tenne proprio a Genova , associazioni, gruppi, operatori, movimenti, persone che usano sostanze e rappresentanti istituzionali impegnati nel contrasto agli effetti nocivi dell’abuso di droghe e della loro criminalizzazione sono tornati sotto la Lanterna. Due giorni di laboratori, dibattiti e interventi per disegnare un nuovo percorso. Il «Manifesto di Genova» – così è stato chiamato – vuole essere «un’alternativa praticabile anche in Italia alle fallimentari politiche proibizioniste in via di superamento in molte parti del mondo».

L’universo antiproibiziosita ha trovato un alleato inaspettato quanto potente nella Corte costituzionale che ha decretato l’illegittimità della legge Fini-Giovanardi, una legge «frutto di un atto illegittimo che ha causato vittime, pene e sofferenze, umane e giuridiche, e che ha contribuito in massima parte al sovraffollamento penitenziario» scrivono i promotori. La sentenza della Consulta, pur essendo intervenuta nel metodo e non nel merito, ha quindi «un valore simbolico immenso» che rende possibile «riprendere il percorso per una legge più umana e più giusta che contrasti il traffico illecito di sostanze stupefacenti, ma sottragga le persone che usano sostanze alla macchina repressiva e offra loro possibilità di uso consapevole e, quando necessario, di sostegno sociale e sanitario».

Il Manifesto chiede al nuovo governo un forte atto di responsabilità con l’attuazione di «misure legislative urgenti volte a sanare eventuali e probabili disparità di trattamento tra coloro che sono stati condannati sulla base della incostituzionale legge Fini-Giovanardi». Il caos giudiziario conseguente alla sentenza della Consulta, deve essere evitato grazie a un decreto che «sani» anche l’ultimo pasticcio contenuto nel decreto Svuotacarceri sulle pene per la lieve entità.

E’ poi necessario «il superamento dell’attuale e fallimentare modello autocratico del Dipartimento anti-droga, da sostituirsi con una cabina di regia che veda coinvolti tutti gli enti e tutte le istituzioni, nazionali, regionali e locali, competenti per una nuova politica sulle droghe, ivi comprese le associazioni del privato-sociale e quelle rappresentative delle persone che usano sostanze».

Per un radicale mutamento delle politiche sulle droghe occorre partire «dal riconoscimento della soggettività delle persone che usano sostanze e dei loro diritti». Inevitabile «la completa revisione delle previsioni sanzionatorie, penali e amministrative, stabilite dal Testo unico sulle sostanze stupefacenti. I consumatori devono essere liberati tanto dal rischio di criminalizzazione penale quanto dalla soggezione a un apparato sanzionatorio amministrativo stigmatizzante e invalidante».

Una modifica che deve prendere le mosse dalla completa «depenalizzazione del possesso e della cessione gratuita di piccoli quantitativi di sostanze destinati all’uso personale, anche di gruppo, e della coltivazione domestica di piante di marijuana agli stessi fini» e una «compiuta regolamentazione legale della produzione e della circolazione dei derivati della cannabis e della libera coltivazione a uso personale».

Occorre definire un nuovo «patto per la salute», con una governance e risorse adeguate, che parta dal «rilancio dei servizi per le dipendenze» e da politiche di «riduzione del danno» per prevenire «i rischi connessi all’abuso e alla clandestinità del consumo, a partire dall’analisi delle sostanze e dalla predisposizione di forme e luoghi della loro somministrazione controllata».

E se il patto di stabilità strangola le città, al governo il Manifesto di Genova chiede che il patto «sia derogabile nel perseguimento di politiche finalizzate alla tutela dei diritti fondamentali della persona come sono quelle destinate a sostenere i percorsi sociali di inclusione delle persone che usano sostanze».

In chiusura i promotori chiamano Renzi direttamente a Genova, dove tutto è cominciato: «Chiediamo al premier, che è già stato ospite della Comunità San Benedetto, di venire a Genova entro i prossimi 30 giorni per ascoltare i rappresentanti delle realtà pubbliche e del privato sociale e delle persone che usano sostanze. In queste due giornate è stato prodotto confronto, dibattito, e sono state individuate proposte programmatiche e pratiche in grado di riallinearci alle politiche sui consumi di altri Paesi europei e internazionali. Vogliamo illustrarle direttamente al nuovo presidente del consiglio». Il lavoro è appena cominciato e si sposta sui territori per sensibilizzare e tentare di avviare in concreto un nuovo percorso, ma l’appuntamento è già fissato: tra un anno, ancora a Genova, ancora sulle orme di Don Gallo.