È andato in scena nei giorni scorsi al teatro comunale di Bologna, un allestimento dell’ Evgenij Oneghin di Pëtr Cajkovskij prodotto a Varsavia (Wielki – Opera Narodowa) per la direzione orchestrale di Aziz Shokhakimov e la regia di Mariusz Trlinski. Il coro e l’orchestra sono quelli del teatro emiliano, la compagnia di danza è l’Artemis. Assieme a La Dama di Picche, l’Oneghin è considerato il maggior esito teatrale del compositore russo.

Con queste due opere, e qualcun’altra ancora viva sui palcoscenici, e con le sue sinfonie e concerti, assieme a qualcosa di cameristico, Caikovskij è un caso quasi unico nell’Ottocento di successo nei diversi generi musicali dell’area colta. Le sue influenze musicali sono più francesi e italiane che non tedesche, ma non è un figlio del dramma verdiano, se mai un po’ della sua malinconia, quand’essa appare, e già ha accenti e concezioni che s’avvicinano a quelle che saranno di Puccini. Come in Boheme, per esempio, la stessa musica accompagna il ricongiungimento della coppia Mimi- Rodolfo e lo scioglimento dell’altra Marcello-Musetta, così qui, con un tema Tat’jana dichiara il suo amore a Oneghin e lui lo rifiuta. L’allestimento è piuttosto piacevole, soprattutto perché è pulito, con poche cose in scena, spazio e bei colori. Di affatto originale ha il vasto prestito che ha chiesto alla commedia musicale hollywoodiana o, più semplicemente anni Trenta. Ci sono scale da cui scendono ballerini e soubrette; c’è la passerella, percorsa un paio di volte; nella scena prima del terzo atto, Tat’jana è una diva da manifesto del cinema di quell’epoca, volgare nelle sue posizioni statuarie, ha un lungo bocchino, ma le manca un alano…

Lo stereotipo può essere indossato bene dal personaggio e l’attrice se ne avvantaggia nell’ultimo quadro dell’opera, nel quale il suo pathos ha modo di conquistare pienamente la scena. Il soprano, in questa recita Amanda Echalaz, che nelle repliche si alternerà con Anna Kraynikova, è un’ottima cantante ed è risultata la punta di diamante del cast.

Malgrado il titolo è lei la protagonista della pièce. Onieghin, il baritono Artur Rucinski, è trascinato nella passione solo nell’ultimo atto. Gli altri personaggi restano un po’ sullo sfondo anche se sia Lenskij, Sergej Shorokhodov, che Ol’ga, Lena Belkina, e Gremin, Alekej Tanovitskij hanno un certo rilievo o per scena o per parte loro affidata.

Il direttore, Aziz Shokhakimov appare decisamente molto giovane, viene dall’Uzbekistan ed ha iniziato da poco la carriera internazionale. In scena, oltre all’Oneghin dello spettacolo, ce n’era un secondo più anziano, che già sapeva come tutto sarebbe andato a finire e ne soffriva. L’invenzione registica così trasforma il racconto in un ricordo. Forse non serve a nulla, ma in scena senz’altro egregiamente…