La sconfitta dei 5 Stelle è il primo dato della notte elettorale italiana. Il sorpasso del Pd è la mazzata psicologica per i grillini e per converso la carica di ottimismo per il partito di Zingaretti. Secondo le ultime proiezioni i grillini scenderebbero al di sotto della soglia simbolica del 20%. Segnando così un netto calo non solo rispetto all’apogeo del marzo 2018, ma anche rispetto alle europee del 2014, quelle che per ammissione dello stesso Grillo furono una sconfitta da curare con il Maalox. Eppure allora i 5 Stelle avevano superato il 21%.

UN’ALTRO MONDO quello di cinque anni fa. La Lega aveva appena il 6% dei voti, il che significa che in cinque anni ha moltiplicato i consensi per cinque. E anche qualcosa in più. Le ultime proiezioni disponibili proiettano il partito di Salvini anche oltre il 30%, fino a quel 32% che appena l’anno scorso era stato il bottino simil democristiano degli alleati-rivali a 5 Stelle. Un trionfo che addirittura avvicina il partito di Salvini alla marcia trionfale di Renzi nel 2014 quando il Pd arrivò a toccare il 40%. Per cominciare, però, subito dopo, una rapida discesa.

L’inversione di tendenza per i democratici è arrivata ieri sera. Le prime proiezioni hanno raffreddato un po’ l’entusiasmo degli exit poll, che tradizionalmente arridono al partito democratico e che in un primo momento lasciavano intravedere come a portata di mano il 25%. Il dato che sembra consolidarsi nella notte è invece più vicino al 21%-22%, in ogni caso decisamente migliore del 18,7% delle politiche dell’anno scorso. Ma per Zingaretti la cosa importante era appunto risalire la china.

IL PROBLEMA per il Pd – e non solo per lui – è però che attorno alla Lega resiste un blocco di centrodestra composto da Forza Italia e da Fratelli d’Italia che si conferma sostanzialmente invariato sia rispetto alle europee del 2014 che rispetto alle politiche dell’anno scorso. Solo che adesso i rapporti di forza tra i due partiti sono profondamente diversi, ancora a marzo 2018 il partito di Berlusconi aveva il 14% e quello di Giorgia Meloni poco più del 4%, ieri sera gli ex di Alleanza nazionale erano quasi a ridosso del Cavaliere: 6,5% contro 8,5%.

Berlusconi è sicuramente l’altro grande sconfitto della tornata elettorale europea, un crollo inesorabile quello del suo partito che aveva fissato la soglia psicologica al 10% e sembra averla rovinosamente travolta verso il basso. Preludio probabile a una definitiva scissione e per questa via all’estinzione del partito azienda che è stato al centro della politica italiana per un quarto di secolo.

BALLA INTORNO ALLA SOGLIA di sbarramento del 4% la lista +Europa, poche centinaia di migliaia di voti possono fare la differenza tra l’ingresso al parlamento europeo (nel caso con tre eurodeputati) o l’esclusione. Mentre certamente esclusa sono la lista di Europa verde e quella de La sinistra. Quest’ultima appare la più penalizzata rispetto alle previsioni, finendo se le proiezioni della notte saranno confermate, anche sotto la lista ecologista.

A condizionare questi risultati è stata certamente l’affluenza. L’Italia ha segnato una controtendenza rispetto al resto dell’Europa. Se quasi ovunque (con l’eccezione del Portogallo) l’affluenza è cresciuta, da noi si è fermata quasi tre punti al di sotto di cinque anni fa: 55,9%. Significativo l’andamento della partecipazione al voto nella giornata di ieri. Le prime due rilevazioni del Viminale, infatti – quella di mezzogiorno e quella delle 19.00 – hanno fatto segnare un incremento della partecipazione, il crollo c’è stato alla fine, nel voto serale. Il maltempo fuori stagione ha molto probabilmente giocato un ruolo. Ma il dato interessante è che l’affluenza è calata soprattutto nelle regioni meridionali. Quelle dove i 5 Stelle alle precedenti europee ma sopratutto alle scorse politiche avevano fatto il pieno.

Per quanto non sia corretto paragonare l’affluenza alle politiche con quella alle europee, alcuni confronti sono eloquenti: la Sicilia dell’en plein grillino del 2018 è passata da un’affluenza del 62,67% a una del 37,5%, un vero e proprio esodo. Lo stesso è avvenuto in Sardegna, altra regione dominata dai 5 Stelle un anno fa: dal 65,5% al 36,2%. In una città come Napoli, roccaforte del gruppo dirigente 5 Stelle, la partecipazione è crollata dal 60,5% dell’anno scorso al 40% di ieri. Più bassa anche rispetto alle europee di cinque anni fa (42,8%).

Se le prime dichiarazioni di Salvini e della Lega sono all’insegna de «il governo va avanti» è chiaro che il segnale della sconfitta grillina e della vittoria leghista è arrivato forte e chiaro. Entrambi i partner di governo resteranno fuori dalla maggioranza in Europa e Conte capirà sin dal vertice informale di domani a Bruxelles che per il nostro paese sarà assai difficile conquistare il commissario di peso al quale aspira. Le conseguenze del voto saranno tutte sul quadro politico nazionale. «Bisogna sbloccare le proposte di legge della Lega – dicono i colonnelli di Salvini – autonomia, separazione delle carriere dei magistrati, sblocca cantieri»… Per i grillini il calvario è appena iniziato.