Subito dopo l’avvento del Covid, le cui conseguenze sulla socialità e sugli spostamenti avete visto tutti, ho ripreso in mano un libro scritto nell’evo precedente; l’era in cui sembrava assurdo girare mascherati soprattutto davanti alle casse dei supermercati o delle banche: in tutta la nostra esistenza era sinonimo di rapina. Mentre adesso sei obbligato, e basta solo questo a capire il ribaltamento collettivo che abbiamo subìto. L’ho ripreso in mano per gustare meglio quanto ci siano degli argomenti che proprio non vogliamo sentire, accada quel che accada. Il titolo è Vivo senz’auto, scritto dalla faentina Linda Maggiori, giovane donna educatrice di formazione e madre di 4 figli. Qualche anno fa insieme al marito sfasciarono la macchina in uno scontro e decisero di non averla più, era il 2011.

Li ho visti molto prima del Covid a Roma per una riunione del gruppo Famiglie senz’auto che Linda ha promosso; un pomeriggio a chiacchierare, eravamo una trentina di persone e la riunione si teneva grazie all’associazione Decrescita felice. Sembrano mille anni fa, e l’ironia mainstream sui praticanti della decrescita nel corso del tempo ha fatto in modo di rendere l’argomento ridicolo per la massima parte delle persone. Cosa di cui mi dolgo ma capisco. Nulla si può contro la narrazione maggioritaria di cosa sia la vita umana. Ce ne stiamo accorgendo in questi tempi particolarmente irritati e con una dose ulteriore di rancorosità. In quell’occasione mi colpì una confessione dal sen fuggita: il loro attivismo, di cui Linda è la portabandiera, gli ha fatto il vuoto intorno. Molti sono gli amici, dicevano, che hanno smesso di frequentarli a causa delle loro scelte definite «talebane» o «ideologiche»; il solito repertorio di chi in vita assiste senza reagire ad alcuni aspetti della realtà che a qualcuno appaiono storture, e che altri inalano senza fare un plissé. Mi è apparso un fenomeno mostruoso, ancora di più dopo l’avvento della pandemia.

Torniamo al libro: Linda ha fatto un lavoro di ricerca prezioso, ha messo in fila fatti ed esperienze soprattutto estere, e ha anche raccolto le esperienze delle persone che hanno scelto di non avere l’auto.

Perché dico che questo sia un libro indispensabile a moltissimi? 1) ritengo inevitabile risanare il nostro paese dall’occupazione di ogni spicchio di territorio da parte di ingombranti carrozze private e 2) circolano in Italia 39 milioni di auto, la quota più alta del continente. Basta questo a capire in quanti abbiano bisogno di essere aiutati a capire l’assurdità della situazione fornendo loro gli strumenti di lettura dello status, e uno di questi è il libro di Linda. Nelle prefazioni e postfazione trovate gente preparata che apprezza lo sforzo del dire «il re è nudo», anche se io vi leggo quella specie di cortesia un po’ timida di chi dice «per favore, potresti cambiare modo di muoverti?» quando in realtà andrebbe usato il bastone e del sale sulle ferite, ma questo è un mio problema. Trovo che la fonte principale del non voler cambiare sia l’Io che non riesce mai a percepire il Noi. Chi invece sospetta che cambiamento debba essere ma ne ha timore trova in Vivo senz’auto spunti di incoraggiamento. A me non serve: vivo da sempre senz’auto, ma se guardo la mia cerchia vedo che la nostra famiglia è l’unica. Leggetelo, sono272 pagine (ed. Macro).