«Nero su bianco». Tutti i partecipanti al vertice di maggioranza sulle riforme insistono sul carattere formale dell’impegno che sarà preso, entro lunedì prossimo, da 5 Stelle, Pd, Italia viva e Leu sulle modifiche costituzionali, regolamentari e della legge elettorale che accompagneranno il taglio dei parlamentari. Scripta manent, quindi arriverà un «documento politico» giusto 24 ore prima che – martedì – la legge costituzionale che riduce senatori e deputati elettivi dal 945 a 600 sarà approvata definitivamente dalla camera. Pd e Leu stanno per concedere ai 5 Stelle una riforma contro la quale hanno votato per tre volte, un caposaldo della propaganda grillina anti «casta», in cambio di una promessa sui «contrappesi» che dovrebbero ridurre l’impatto negativo sulla rappresentanza e la funzionalità del parlamento. Una promessa, però, notarile: «Nero su bianco».

Attorno a un tavolo di Montecitorio si sono trovati i capigruppo dei quattro partiti di maggioranza, D’Uva e Perilli per i 5 Stelle (il primo è in uscita e nelle stesse ore è stato eletto questore della camera, negando il posto al Pd), Marcucci e Delrio per il Pd, Fornaro e De Petris per Leu, Boschi e Faraone per Italia viva. Con loro anche i capigruppo nelle commissione affari costituzionali Macina e Garruti del M5s, Parrini e Ceccanti del Pd e i renziani Sudano e Marco Di Maio. Al debutto il dialogante ministro grillino per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà, che in extremis ha strappato la delega sulle riforme al sottosegretario di palazzo Chigi Fraccaro, che pure voleva mantenerla per sé.

All’uscita tutti soddisfatti. Per Delrio «si stanno risolvendo le ragioni per le quali il Pd aveva precedentemente votato no al taglio dei parlamentari» e per Parrini «il confronto franco e costruttivo che abbiamo avviato permetterà di trovare punti di equilibrio avanzati». «Incontro positivo» anche per il capogruppo di Leu Fornaro, «entro il 7 ottobre saranno specificati quali saranno i veicoli e i tempi per introdurre gli adeguati contrappesi». Per i 5 Stelle si è espresso lo stesso ministro D’Incà: «L’incontro è stato molto positivo, la maggioranza si dimostra compatta». Mentre l’ex ministra delle riforme Boschi, oggi capogruppo della formazione renziana, ha evitato dichiarazioni, probabilmente per non mettere in imbarazzo i 5 Stelle che la considerano un’alleata ingombrante nella riscrittura della Costituzione.

Non tutto però è veramente risolto, restano le distanze e la soluzione di alcuni problemi è stata rimandata. La prova è che si è optato per il «documento politico» firmato dai capigruppo, qualcosa di estraneo alla formalità dei lavori parlamentari, e non per emendamenti precisi sottoscritti da tutti i gruppi di maggioranza. C’è l’accordo sulle modifiche obbligatorie ai regolamenti di camera e senato. Si faranno quelle minime, necessarie per adeguare le maggioranze e i numeri previsti a tutela delle minoranze alle nuove dimensioni delle camere. Oggi a Montecitorio si terrà la prima riunione della giunta per il regolamento; l’unico ostacolo è che il voto finale sulle modifiche sarà segreto e a maggioranza assoluta (quindi a rischio agguati). Su tre riforme costituzionali c’è altrettanta intesa: uniformare l’elettorato attivo e passivo del senato a quello della camera, stabilire che il senato si elegge su base pluri regionale e non più regionale per non tagliare del tutto fuori le forze minori e diminuire il numero dei delegati regionali che partecipano all’elezione del presidente della Repubblica per evitare che pesino troppo rispetto alle nuove camere bonsai. Le prime due possono trovare spazio negli emendamenti, ancora da scrivere, alla legge che abbassa a 18 anni l’età per votare al senato, la cui discussione a palazzo Madama deve partire entro ottobre.

Poi ci sono altre due riforme più controverse, proposte dal Pd che vuole differenziare almeno un po’ le funzioni di camera e senato e propone la partecipazione dei governatori ad alcune votazioni con i senatori. E vuole introdurre la sfiducia costruttiva da votare in seduta comune. I 5 Stelle non sono convinti e gli argomenti sono eterogenei rispetto agli altri: potrebbero trovare spazio in un secondo disegno di legge costituzionale. Da presentare a dicembre, quando dovrà partire anche l’esame della nuova legge elettorale. Nel documento politico ci sarà un impegno a rispettare questa scadenza, ma non si preciserà di quale legge elettorale si tratterà, perché tra proporzionalisti e maggioritari il dibattito nei partiti e tra i partiti è appena cominciato. Nel frattempo l’unica certezza è il taglio dei parlamentari.