L’archivio non c’è più, il “registro infame” scomparso. In attesa “di nuove scelte politiche che saranno comunicate”. Intanto, però, l’indennità di disoccupazione sarà pagata. A tutti. E in tanti devono ringraziare un hacker.

Accade in Ohio, Usa. Lì, diversi giorni fa, il governatore repubblicano, Mike DeWine – nonostante il parere contrario di tutti gli istituti sanitari – ha deciso la “riapertura” dello Stato. Che conta quasi 27 mila infettati e 1600 morti.

Di più: l’Ohio ha invitato le imprese a segnalare alla burocrazia nomi e cognomi dei lavoratori che “per paura del virus” non si fossero presentati in fabbrica.

In questo modo, sosteneva il suo Dipartimento del lavoro, avrebbe avuto un elenco delle persone alle quali negare il sussidio di disoccupazione. Un elenco di “non aventi più diritto”. 

Senza andare troppo per il sottile, gli uffici statali hanno creato una pagina Web, parallela al sito dove si presentano le domande per il sussidio: appunto, il “registro infame”.

E’ durato poco, però. Un hacker è riuscito ad entrare e ha riempito la pagina di milioni di nomi falsi, di dati assurdi. L’ha mandato in tilt. Così, la pagina con il modulo per la segnalazione degli operai “timorosi” è stato chiuso. Subito.

Motherboard – la testata che di queste cose se ne intende – è riuscita a contattare l’autore dell’impresa. E al giornalista, l’hacker ha detto che l’ha fatto in solidarietà con i lavoratori.

Alla fine, Kimberly Hall, direttore del dipartimento per la famiglia, ha annunciato che l’indennità sarà pagata normalmente, a coloro che ne hanno fatto richiesta. A tutti, insomma. “In attesa di nuove disposizioni”.