Nasce sotto il segno della discontinuità il governo montenegrino guidato da Zdravko Krivokapic, il primo dell’era post Djukanovic. Con 41 voti su 81 il Parlamento ha votato ieri la fiducia al nuovo esecutivo a conclusione di un dibattito protrattosi per tre giorni. Lo scorso agosto si erano tenute le elezioni che hanno sancito la sconfitta storica dei socialdemocratici (Dps) di Milo Djukanovic al potere da quasi trent’anni. Il governo è sostenuto da una coalizione eterogenea di partiti il cui perno è la lista «Per l’avvenire del Montenegro» che riunisce diversi partiti filo-serbi di cui il principale è il Fronte democratico.

Riforme, sviluppo economico e stato di diritto saranno le tre priorità del nuovo governo, secondo il neoeletto premier che ha poi garantito la continuità in politica estera, specie riguardo al processo d’integrazione europea e alla permanenza di Podgorica nella Nato. Tra i punti su cui si è soffermato Krivokapic, anche la controversa legge sulla libertà religiosa approvata dal precedente governo e voluta da Djukanovic, che si era poi rivelata un boomerang per l’uomo forte del Montenegro. La legge, che il primo ministro ha promesso di modificare, era stata al centro delle contestazioni della Chiesa serba ortodossa che si sono svolte anche durante il lockdown.
L’esecutivo è formato da Dritan Abazovic, montenegrino di etnia albanese e leader del movimento civico URA, e da 12 ministri, dei tecnici perlopiù giovani e qualificati, scelti «indipendentemente dalle loro appartenenze religiose, politiche o etniche» secondo quanto sottolineato dai leader della maggioranza nella presentazione della squadra di governo. Per la prima volta i partiti delle minoranze etniche, albanese e bosniaca, non entreranno nell’esecutivo nonostante l’invito dei leader della maggioranza a farne parte.

Numerose le critiche che hanno accompagnato il processo di formazione del governo, sia da parte dell’opposizione, sia da parte della stessa maggioranza. L’opposizione ha sottolineato la presenza di ministri legati alla Chiesa ortodossa, come Jelena Borovinic Bojovic, ministra della Salute e direttrice della clinica di pneumologia dell’ospedale del Montenegro che ha partecipato ai funerali del metropolita Amfilohije, trasformatosi in uno dei principali focolai, senza rispettare le misure di contenimento del covid. Tra le nomine più controverse anche quella di Vladimir Leposavic alla Giustizia, ex membro del team di consulenti legali del metropolita e tra le voci più critiche della legge sulla libertà religiosa.

Draginja Vuksanovic (Dps) ha inoltre accusato Krivokapic di aver affidato i ministeri chiave a persone che «non riconoscono il Montenegro e lo Stato montenegrino» e ha parlato di «4 S» per definire il suo programma, facendo riferimento a uno slogan con cui i serbi fanno appello all’unificazione contro il nemico.

Le opposizioni hanno poi fatto leva sui timori di Washington e Bruxelles circa l’effettivo collocamento di Podgorica nella sfera euroatlantica. Il Montenegro, membro della Nato dal 2017 è stato teatro di un colpo di Stato in cui il Cremlino avrebbe avuto un ruolo di primo piano. Obiettivo del golpe fallito era rovesciare il governo per impedire l’ingresso del Paese nell’alleanza transatlantica. Tra le persone coinvolte ci sarebbero anche esponenti politici del Fronte democratico.

Voci critiche si sono levate anche all’interno della maggioranza. Slaven Radunovic, membro del Fronte democratico, ha avvertito Krivokapic che il sostegno al governo non è incondizionato e ha intimato al premier che «se esiste un salvacondotto per far scappare i dirigenti corrotti del Dps, quel salvacondotto verrà distrutto».