Quando ho iniziato, nel 2009, ad occuparmi a livello nazionale per il Pd del tema delle seconde generazioni, quelli che noi ora chiamiamo i «nuovi italiani», questo era un tema scomodo e sconosciuto anche all’interno del mio partito. Non era semplice, mentre entrava in vigore la legge 94 del 15 luglio 2009, il famigerato «pacchetto sicurezza», parlare di immigrazione come risorsa e opportunità, di nuove generazioni di italiani che chiedono spazi e diritti; anzi, non era semplice parlarne tout court! Molti giornali e giornalisti avevano assorbito acriticamente, in quegli anni, il verbo leghista e la stampa iniziava a far proprio un lessico discriminatorio e talvolta proprio razzista. Gli immigrati iniziarono così a popolare i giornali solo quando protagonisti di fatti criminosi, oppure quando arrivavano stipati nei barconi sulle nostre spiagge, e sbarcando guadagnavano da subito lo status di “clandestini”. Anche quelli regolari erano sempre più spesso definiti con l’ormai spregiativo epiteto di extracomunitari, a sottolineare la loro estraneità alla cittadinanza dell’Unione europea.

Ricordo bene quegli anni difficili, e ricordo bene anche che il manifesto è sempre stato capace di dare voce e spazio ai migranti e alle nuove generazioni di italiani riservando a loro importanti pagine del giornale per raccontarne la cultura, le aspirazioni, i disagi, i sogni. Sempre sul manifesto la delicata questione siriana ha guadagnato le prime pagine ed è stata raccontata con la competenza che merita. Perché un giornale è fatto innanzitutto di parole, e le parole che “fanno” questo giornale non cercano di nascondere o minimizzare la complessità delle vicende mediterranee, ma le affrontano di petto, cercando di fornire una possibile chiave di lettura, che può essere più o meno condivisibile ma sicuramente lucida e aggiornata.