Il manifesto è riuscito a rimanere indipendente per più di quarant’anni, senza cedere alla corte di nessuno e mantenendo sempre la capacità di informare con accuratezza e, secondo me, senza particolari parzialità. Questa è una delle ragioni, forse la più importante, per cui credo che si debba sostenere.

Ho sotto gli occhi l’ultima classifica, quella del 2013, redatta da Reporters sans frontières, l’organizzazione non governativa nata per difendere la libertà di informazione. In questa graduatoria l’Italia è al 57° posto, con motivazioni legate soprattutto al gigantesco conflitto di interessi di Silvio Berlusconi. E, aggiungo io, al conflitto di interessi che tocca il 90% dei media italiani. Siamo preceduti non soltanto da tutti i principali paesi europei ma anche da nazioni come Corea del Sud (50°), Niger (43°), El Salvador (38°), Ghana (30°) e Uruguay (27°), un posto dove dovremmo andare tutti a vivere.

Anche per abbracciare il suo presidente Pepe Mujica, che è rimasto nella sua piccola fattoria e regala quasi il 90% dello stipendio mensile di 12mila dollari ai bisognosi: «E quanto resta mi deve bastare – ha detto – perché ci sono molti uruguaiani che vivono con molto meno».

Penso che il manifesto vada sostenuto perché è essenziale per alzare il livello dell’informazione indipendente, che si lega a doppio filo a un livello accettabile di democrazia. E il mio invito è ad abbonarsi, perché i prezzi non sono certo superiori (anzi) a quelli di mercato. Magari per leggere, fra le tante notizie, anche un’intervista al sottoscritto…