Esistono incliti esempi di letteratura sportiva all’estero, ma non nella nostra patria letteratura. Stefano Duranti Poccetti in Frammenti di Baseball (Controluna, pp. 66, euro 9.90) narra episodi e parabole sportive che assurgono a dimensione epica dove il gesto agonistico si fa arte, e l’arte di esso ha molto a che vedere con la vita, andando a rappresentarla metaforicamente e non. Le sue parole sono un mélange di prosa e poesia di finissimo e suggestivo lirismo. Assistiamo alla narrazione di eventi sportivi che si mescolano con le vite di chi li ha compiuti e con la loro peculiare interpretazione del gioco e coraggio di adattarlo alle proprie attitudini. Se lo sport può innalzarsi a paradigma di vita, lo fa sia per il verso di un’arena in cui si esprime il proprio sguardo e il proprio cimento con una spinta tattico-strategica che richiama la dimensione esistenziale della progettualità; sia in maniera opposta: ovvero quando è lo sport stesso a suggerire una filosofia di vita.

V’è sempre un quid di crudele in esso, una sorta di logica binaria vincitore/perdente, soprattutto negli States (lì il baseball è praticato da sempre con vasto seguito) dove coabitano vitalismo barocco e una logica che premia chi è in ascesa e vede in chi perde il nocumento di essere solo e non altro che perdente. Con icastiche parole, questo concetto-cardine è decostruito, in Duranti Poccetti, a partire dal principio che perde chi non riesce a esprimere coraggio, fantasia, dedizione, e una concezione del gioco, infine, che permetta di dare il meglio di sé alla luce di potenzialità da declinare nella propria interpretazione di esso; potremmo dire che forse i perdenti non fanno la storia dello sport (e anche questo può essere messo in dubbio), ma certamente la storia di esso non si fa senza perdenti. Gli è che perdere non è cosa intrinseca all’esito di una partita ma al come si perde; e in ultima analisi fatto intimo di chi vince o perde con non altri che sé stesso.

Perché il diamante del Baseball è allegoria di vita: ove si è chiamati a confrontarsi con sé prima che con l’avversario, con i propri limiti e paure; e, come in ogni arte, qui ha peso l’espressione creativa. Duranti Poccetti, posta questa trama di idee, distilla poesia nello scrigno della prosa, con lati emotivi potenti ma stemperati da raffinate pennellate esperienziali e di ragionamento. Per concludere: il Baseball è realtà agapica di condivisione prima che competizione, dove la dimensione del plurale arricchisce i singoli e viceversa. E come accade nella vita, quando ci si diverte meglio si esprime la parte più importante di essa, ovvero quella che inerisce il gioco come scuola e la vita come espressione di sperimentante gioco. Dice Duranti Poccetti: “Mi ritrovai a giocare con un gruppo di dominicani. Per loro non esiste gioco senza divertimento […] Per loro il Baseball non è un semplice sport, ma una vera e propria festa che va al di là dello scontro agonistico. Il Baseball è una piazza amichevole, dove si dimenticano i problemi quotidiani e si accarezza la gioia della collettività”.