Sono passati due mesi dal naufragio di Lampedusa in cui hanno perso la vita 368 migranti di origine eritrea. Da quel giorno le vittime di quell’ennesima tragedia sono ancora senza nome visto che gli esami del Dna, che permetterebbero di identificarle e riconsegnarle alla famiglie, non sono stati ancora effettuati. Per oggi pomeriggio alle 18, davanti a Montecitorio, il Comitato 3 ottobre ha organizzato un flash-mob in cui i cittadini sono invitati a partecipare accendendo una candela in memoria di quel naufragio e per sollecitare il parlamento a far proprio un disegno di legge di iniziativa popolare in cui si chiede che venga istituita una «Giornata della memoria e dell’accoglienza» per ricordare «lo sterminio silenzioso e spesso invisibile che si consuma nel Canale di Sicilia e sulle rotte di terra percorse da popoli in fuga da persecuzioni, deportazione, prigionia, guerre e miseria e tutti gli uomini che per salvarli mettono a rischio la propria vita». «Istituire una giornata della memoria e dell’accoglienza – spiega una delle organizzatrici, Alice Scialoja – significa anche e soprattutto cominciare a parlare di accoglienza nelle scuole e nelle università, far circolare le informazioni e aprire un confronto più ampio sulle nostre politiche, quelle italiane ed europee. Un primo passo per creare le condizioni di un’accoglienza degna di questo nome per cercare di cambiare quelle in cui le persone sono costrette a migrare».
All’iniziativa di oggi hanno aderito, tra gli altri, l’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), Save the children, Terres des hommes, Legambiente, l’Arci e l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. «Un’iniziativa giusta in sé – commenta Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera – ed è anche un modo per sostenere una persona straordinaria come il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, da sempre impegnata in una politica di legalità, inclusione e accoglienza». Ma i Comitato 3 ottobre si batte anche perché le vittime del naufragio, uno dei più drammatici del Mediterraneo, possano avere una degna sepoltura. «Quei morti sono ancora senza nome – prosegue Alice Scialoja -, sepolti come numeri anonimi che non consentono ai parenti di avere un corpo da piangere e un luogo dove portare un fiore». Il Comitato 3 ottobre torna dunque a chiedere un incontro con il Dipartimento delle libertà civile e dell’Immigrazione del Viminale «per sollecitare una risposta adeguata da parte dello Stato italiano ai familiari delle vittime».