La scelta di Neil Gorsuch, se confermata dal senato, renderà l’affermazione del trumpismo – ma soprattutto del movimento che ne ha decretato il successo – un fenomeno tutt’altro che effimero. Un fenomeno non legato a una particolare contingenza storica ma destinato ad avere lunghi strascichi nel tempo ed  enormi conseguenze politiche e sociali, qualsiasi cosa accadrà allo stesso Donald Trump e alla sua presidenza, compresa perfino un’eventuale fine traumatica.

La carica di giudice della corte suprema – la carica per la quale è stato designato Gorsuch – è a vita. Gorsuch ha 49 anni. Trump, nel presentarlo, ha detto che potrebbe restare in corte per 50 anni. Inoltre il suo ingresso fa pendere decisamente verso la destra estrema l’equilibrio del massimo organo costituzionale americano. E tanto per cominciare il nuovo giudice della Scotus, (Supreme Court of the United States) – se sarà approvata la sua nomina – dovrà occuparsi dei numerosi ricorsi contro l’ordine esecutivo di Trump, il suo padrino, contro l’ingresso negli Usa dei cittadini di sette paesi musulmani.

Se la mossa di Trump è stata anticipata di un paio di giorni con l’idea di dirottare l’attenzione dalle catastrofiche conseguenze del Muslim ban, essa non fa che gettare altra benzina sul fuoco nel conflitto tra la nuova Casa bianca e l’ampio fronte di opposizione nelle sedi politiche e in piazza. Ma quando s’entrerà nel vivo delle audizioni parlamentari di conferma della nomina, si capirà meglio che il vero intento di Trump è quello di spostare lo scontro dentro il Congresso, tra democratici e repubblicani.

Gorsuch è il candidato perfetto della destra repubblicana tanto quanto è l’incarnazione di tutto quello che i progressisti considerano deprecabile e da combattere con la massima determinazione.

«Una nomina molto ostile», ha commentato Nancy Pelosi, capogruppo democratica alla camera dei rappresentanti. «Se respiri l’aria, bevi l’acqua, mangi il cibo, prendi una medicina o in qualsiasi altro modo hai a che fare con un tribunale, questa è una decisione molto brutta», ha aggiunto, alludendo ai diversi temi della vita degli americani sui quali le posizioni ultraconservatrici del nuovo giudice si faranno sentire, demolendo conquiste ormai date per scontate e determinando un nuovo corso della legislazione e delle normative americane in una direzione decisamente reazionaria.

Fanaticamente religioso, Gorsuch è contro il diritto di scelta delle donne in tema di maternità, a favore di norme che discriminano gli omosessuali, è in sintonia con i negazionisti del cambiamento climatico e dunque contro l’azione delle agenzie di tutela ambientale. È contro il diritto dei sindacati di rappresentare in una vertenza tutti i lavoratori di un’impresa, privandoli della possibilità di contare sui soldi delle iscrizioni alle Union direttamente dalla busta paga. Un duro colpo alla presenza dei sindacati nei luoghi di lavoro e alle loro già magre finanze.

Gorsuch è anche in linea con i tentativi in diversi stati repubblicani tesi a ostacolare, con artifici burocratici, il diritto al voto nelle circoscrizioni a forte presenza di minoranze, comunità nelle quali molti elettori sono privi di documenti di identità ma che possono fare la differenza in una contesa combattuta all’ultima scheda (come nelle ultime presidenziali).

C’è abbastanza per prevedere un duro braccio di ferro in senato per l’approvazione della nomina sia in sede di commissione sia in aula. Nei democratici l’ira s’aggiunge anche al risentimento accumulato nei confronti dei repubblicani, responsabili di avere bloccato la nomina del prescelto da Barack Obama, Merrick Garland, per rimpiazzare il giudice Antonin Scalia, morto il 13 febbraio scorso, personaggio anch’egli della destra estrema.

L’ostruzionismo repubblicano ha bloccato il sogno di riequilibrare a sinistra la Corte suprema. E Garland è un centrista. In Obama c’era uno spirito di dialogo. Nella scelta di Trump l’opposto.

Una scelta dettata dall’astuzia. Gli garantisce la gratitudine di un partito che ha accettato mal volentieri la sua elezione per poi salire sul suo carro con esibito entusiasmo, ma quanto autentico? Adesso ottiene un riallineamento. E costringe il Gop a farsi carico della battaglia contro l’America che s’oppone al nuovo corso. D’ora in poi è il Partito repubblicano l’agente principale della restaurazione contro cui prendersela, mentre Trump cercherà di consolidare il consenso agendo sulle leve dell’economia e della politica internazionale, con il suo piglio che alimenta l’antipatia di chi già lo detesta ma che fa crescere la simpatia di chi lo sostiene, perfino allargando la popolarità in aree del paese che, nell’immediato, potrebbero pure trarre qualche vantaggio dalle sue politiche protezionistiche.

 

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