La grande cultura, la curiosità, e la trasversalità dell’eclettico Renato Nicolini, nostro mai abbastanza rimpianto e compianto assessore alla cultura e all’intelligenza, non finisce di sorprendere. Pochi giorni fa è stato presentato all’Archivio Storico Capitolino a Roma un libro di Renato Nicolini (“un diario, un romanzo, un saggio storico, una riflessione critica su Roma e la modernità”) scritto nel 1992 dal titolo “Un romanzo d’architettura del 1934 a Roma – I diari e il trattato di Redenzio R.A.M.I. (Mario De Rienzi) ed. LIBRIA . In più di un occasione Nicolini avrebbe voluto pubblicarlo ma non ci riuscì, ora esce postumo, curato da Valerio Palmieri che nella premessa ne racconta la genesi e chiarisce, con tanto di albero genealogico i rapporti tra l’autore del falso diario Nicolini , e lo zio Mario De Rienzi supposto firmatario dello stesso. Si tratta di un testo letterario, che viaggia sulla scia che va da Borges allo Sciascia che affermava che c’è “più merito a inventarla, la storia, che a trascriverla da vecchie carte”. Nicolini, attraverso la storia della sua famiglia : Il nonno paterno Giovanni scultore, il padre Roberto architetto, gli zii Cesare Ligini e Mario de Rienzi entrambi architetti affermati; ci racconta un pezzo importante della vita culturale del paese, analizza e ricostruisce le vicende di un periodo di fondamentale cambiamento nell’architettura italiana: l’Impero. Renato Nicolini finge di aver ritrovato in un cassetto, dentro una cartella regalata dalla zia Fernanda moglie di De Rienzi e dimenticata lì per oltre vent’anni, un misterioso album di cartone munito di riproduzioni fotografiche opera di un certo Mirabella sulla cui copertina: “ erano incollate delle lettere che componevano il nome dell’autore : REDENZIO R.A.M.I. bisognerà ricordare al lettore che R.A.M.I. è la sigla del Raggruppamento Architetti Moderni Italiani, a cui De Rienzi aderisce nel 1931 in polemica con l’appena nato M.I.A.R. , Movimento Italiano per l’Architettura Razionale. REDENZIO RAMI non è altro che l’anagramma di Mario De Rienzi, che progettava evidentemente di pubblicare con questo pseudonimo l’album, una esplicita polemica con i “cinque punti” di Le Corbusier a cui viene contrapposto il modello concreto di architettura rappresentato dalla città di Roma. “; e, oltre all’album, anche un diario del celebre zio architetto, uno dei maggiori del ‘900, risalente al 1934, esattamente nei giorni in cui si sarebbero dovute decidere le sorti del concorso per la realizzazione del “Palazzo Littorio”, che per fortuna non fu mai costruito, e che avrebbe dovuto sorgere più imponente che mai di fronte alla basilica di Massenzio. Scampato pericolo. Sono i giorni successivi allo scontro interno ai giovani architetti italiani tra Accademici e Razionalisti, che vedranno Piacentini diventare “il dominus dell’architettura moderna italiana”dalla metà degli anni trenta; sono gli stessi giorni in cui Le Corbusier è in visita a Roma dove tiene un ciclo di conferenze e spera, invano, di essere ricevuto da Mussolini, che invece gli preferisce i giovani architetti italiani, per poter così concludere qualche proficuo affare nella terra promessa della nuova architettura; sono le giornate che vanno dal 7 al 12 giugno del 1934 e l’aria è profumata, fa caldo e ci si tuffa nel Tevere, e si cena all’osteria di Checco Gasparri, sotto il pergolato, proprio sotto la Torre dei Conti, che chissà se verrà demolita dalla città moderna. La scrittura è spedita, ironica, la finzione regge benissimo, si legge d’un fiato pur essendo digiuni di storia dell’architettura. Attraverso il finto diario Renato Nicolini, soprattutto nella dotta prefazione dove letterariamente raddoppia il gioco della finzione nella scrittura, ci fa capire la sua visione, ci fa sentire il suo amore profondo per la città delle mille stratificazioni, attraverso la conoscenza della storia architettonica di Roma, dell’evoluzione degli spazi, nel centro e nelle periferie e nell’agropontino, e della sua progettazione. Fingendosi lo zio Mario, ne espone dubbi e considerazioni e quando divaga sulle scampagnate ai castelli o sul dolce buon vino da bere durante l’equinozio e della materia di cui sono fatti i sogni si capisce che si immedesima completamente.