I numeri dell’esodo parlano da sé: nel mese di luglio sono stati 107.500 i migranti arrivati nell’Unione Europea. Di questi “solo” 20mila, quasi tutti eritrei e nigeriani, sono sbarcati sulle coste italiane. Il maggor numero di arrivi, circa 50mila provenienti soprattutto dalla Siria e dall’Afghanistan attraverso la Turchia, è stato registrato nel mar Egeo, sulle isole greche di Lesbo, Chio, Samo e Kos. A completare il quadro, fa sapere la missione Frontex, ci sono i quasi 35mila migranti entrati in Ungheria.
Da quando è nata Frontex, nel 2008, è la prima volta che si superano i centomila arrivi mensili. Record che batte record recentissimo, quello del mese di giugno quando a sbarcare sulle coste dell’Ue o ad attraversare le sue frontiere sono stati in 70mila. Un trend in rapida ascesa che trova conferma nei dati di medio periodo: nei primi sette mesi del 2015 i migranti arrivati nell’Unione europea sono stati 340mila – 90 mila sbarcando sulle coste italiane – quando in tutto il 2014 erano arrivati in 280mila.
I terminali di Frontex segnalano poi una novità: “Per molti anni – ricorda l’agenzia – molti migranti che entravano in Europa via mare partivano dalla Libia, punto di incontro delle rotte dei migranti dal Corno d’Africa e dall’Africa occidentale prima di imbarcarsi verso l’Europa”. Nel 2015 i passaggi più battuti sono stati invece quello del Mediterraneo orientale via mare, e quello dei Balcani occidentali via terra. “Le prime tre nazionalità di migranti a seguire queste rotte sono Siria, Afghanistan e Iraq”. Tutti potenziali rifugiati, civili che scappano dalla guerra e che cercano rifugio nell’Unione.
Nel rapporto trovano spazio alcune particolarità, come la diminuzione del numero di siriani in partenza dalle coste libiche, in particolare a febbraio e a marzo. La missione offre questa chiave di lettura: “Questo può essere dovuto alla situazione sempre più instabile in Libia, e al fatto che Egitto e Algeria, paesi che in passato erano di transito verso la Libia, hanno aumentato i requisiti per il rilascio del visto ai siriani. La Turchia invece non ha questi requisiti, i cittadini della Siria preferiscono quindi entrare in Europa attraverso la Grecia e la Bulgaria”.
Di fronte alla “pressione senza precedenti ai confini di Grecia, Italia e Ungheria”, il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, lancia l’ennesimo appello a Bruxelles: “Questa è una situazione di emergenza per l’Europa, tutti gli Stati membri agiscano a sostegno delle autorità nazionali che stanno accogliendo un enorme numero di migranti ai loro confini. Frontex ha chiesto agli Stati membri di fornire strumenti aggiuntivi e persone a supporto delle nostre operazioni in Grecia e Ungheria, mentre la Commissione europea ha approvato programmi nazionali per fornire significativa assistenza economica agli Stati membri perché affrontino queste sfide”.
La traduzione è presto fatta: ci vogliono altri mezzi e altro personale, così come aveva richiesto anche il commissario Ue all’immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos, con una lettera ufficiale ai 28 ministri dell’interno dell’Unione. I finanziamenti ci sono, a mancare sembra invece la volontà politica di potenziare gli interventi di soccorso. Per far fronte ad altri, questa volta tragici, numeri dell’esodo: quelli dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che in questo 2015 ha contato oltre duemila morti nel Mediterraneo.
Nella lunghissima lista delle vittime anche i 49 soffocati nella stiva del barcone soccorso nel giorno di Ferragosto, poi arrivato nel porto di Catania con oltre 300 superstiti. Da questi ultimi le testimonianze che hanno permesso di fermare otto giovani scafisti. Nel mentre la Capitaneria di Reggio Calabria salvava 113 iracheni individuati a bordo di un barcone in legno al largo della costa reggina.