A Bhamo nello Stato Kachin un ordigno è esploso ieri a un incrocio stradale e lo stesso è avvenuto nella regione di Mandalay in un’altra intersezione. A Wetlet (Sagaing) un ristorante appartenente al presidente locale del partito dei militari (Usdp) è stato raso al suolo da un incendio doloso.

Giovedì notte a Mingalar Taungnyunt (regione di Yangon), i residenti hanno riferito di un’esplosione di bassa potenza mentre proteste si sono registrate un po’ ovunque nel Kachin e nel Mon, nelle regioni di Sagaing, Tanintharyi, Mandalay, Magwey e nel territorio della capitale Naypyidaw.

Esplosioni mirate e scontri, inizialmente frutto di azioni individuali, sembrano prendere sempre più forma come corollario alla guerra guerreggiata vera e propria che continua tra i militari della giunta e gli eserciti regionali soprattutto nel Kachin e Karen. Sembrano il frutto della nascita delle People’s Defense Force (Pdf), organizzate su base etnico-locale ma da due giorni anche su base unitario-nazionale sotto il cappello del governo di unità nazionale del Myanmar (Nug).

È l’esecutivo ombra che rappresenta il parlamento esautorato dal golpe militare del primo febbraio e che, mercoledì scorso, ha reso nota la formazione di una «forza di difesa popolare» per proteggere chi protesta contro il colpo di Stato che ha cancellato il risultato elettorale dell’8 novembre 2020. Secondo il Nug queste Pdf sarebbero l’avanguardia di quell’esercito federale che, non senza difficoltà, si sta formando come coalizione di eserciti regionali «etnici» (Eao: ethnic armed organisations), che rappresentano le diverse comunità sparse lungo i confini periferici, molte delle quali hanno bracci armati.

Questo esercito federale si opporrebbe a Tatmadaw, l’esercito nazionale espressione soprattutto della comunità Bamar e che per anni si è scontrato con gli Eao. È in atto un salto di qualità, sia nella resistenza del Movimento di disobbedienza civile, sia a livello di forze armate regionali e relativi eserciti.

Bombe, ordigni caserecci e armi «casalinghe» da una parte (sempre più organizzata) e missili e fanteria armata dall’altra. Sospesi su un baratro, quello di una guerra estesa vera e propria, che si avvicina sempre di più in attesa che un negoziato fermi le armi e una possibile marcia su Yangon degli eserciti regionali alleati col Nug.

Intanto «la crisi politica in corso – scrive il rapporto Undp (Covid-19 Coup d’Etat and Poverty) – aggraverà senza dubbio l’impatto socioeconomico della pandemia, riducendo i redditi e nello scenario peggiore quasi la metà della popolazione del Myanmar (48,2) si ritroverà a vivere in povertà…Se la situazione sul campo persiste, il tasso di povertà potrebbe raddoppiare entro inizio 2022».

Forse proprio il collasso economico potrebbe spingere verso un negoziato: non tanto per l’aumento per della povertà quanto per il calo dei profitti. La diplomazia però sembra impantanata anche se di Myanmar (a oggi 774 morti e quasi 5mila arresti) si parlerà nel primo giorno del vertice del G7 (11-13 giugno).