Ha ballato solo una notte il presidente della Campania De Luca, il tempo di assorbire l’ultimo colpo giudiziario, poi ieri mattina Renzi ha deciso ancora una volta che non c’è alternativa. Il partito e il governo si tengono stretti Vincenzo De Luca. Ci provano. Il Pd crede che l’inchiesta della procura di Roma sarà veloce, e velocemente lascerà perdere il governatore. Il procuratore capo Pignatone ha fatto capire che gli accertamenti dureranno qualche settimana e soprattutto ha certificato che la sentenza del tribunale civile di Napoli favorevole a De Luca «non è oggetto di esame da parte della nostra procura». Il che vale a dire che non si ritiene che il tentativo di corruzione sia andato a segno.

È uno degli elementi a favore di De Luca. L’altro è che l’ordinanza della prima sezione civile del tribunale di Napoli che ha sospeso l’applicazione della legge Severino al governatore neo eletto (consentendogli di restare alla guida della Campania) non si può descrivere come una decisione eccezionale o atipica. Sbagliata magari sì, e sull’illegittimità o meno della Severino deciderà prima o poi la Corte costituzionale (meglio poi, per De Luca), ma intanto quell’ordinanza è stata presa con l’unanimità di tre giudici civili. Come ha fatto notare la giudice Scognamiglio, per allontanare il sospetto di averla pilotata. Quell’ordinanza non è poi diversa da altre che sia il tribunale ordinario che quello amministrativo avevano pronunciato nel caso simile del sindaco di Napoli de Magistris. E infine non è stata smentita né dallo stesso tribunale civile (altra sezione) né dalla Cassazione, tirati in ballo dai ricorsi delle opposizioni in consiglio.

È di opinione opposta l’avvocato Gianluigi Pellegrino, che patrocinò alcuni di quei ricorsi e definisce, non da ieri, «aberrante in diritto» la sentenza di cui la giudice Scognamiglio è stata relatrice. Un’opinione alla quale adesso Pellegrino può aggiungere una circostanza di fatto: la giudice Scognamiglio avrebbe dovuto astenersi dal giudizio su De Luca dal momento che il marito Guglielmo Manna era dirigente di un’azienda ospedaliera della sanità regionale. Potrebbe essere questo lo spirito dell’articolo 51 del codice di procedura civile (non la lettera), e forse anche per questo la magistrata ha raccontato ieri di una situazione familiare da «separati in casa» con il marito, presunto autore del tentativo di corruzione.

Nella vicenda non mancano però elementi a sfavore di De Luca. Quello centrale è che per sfuggire all’accusa di concorso nel reato il pubblico ufficiale – in questo caso De Luca come Mastursi – deve denunciare il tentativo di corruzione. Nessuno invece ha denunciato Manna. Se Mastursi può essere messo nei guai dalle intercettazioni, De Luca può sostenere, come sta facendo, di non aver mai saputo nulla. Non glielo avevano raccontato. Il Mattino ha scritto che Mastursi ha persino nascosto al governatore di aver subito una perquisizione, perquisizione avvenuta negli uffici della regione nei giorni in cui De Luca era all’Expo. Neanche questo avrebbero raccontato al governatore.

Il vero problema è che De Luca ha nascosto le reali ragioni delle dimissioni di Mastursi. «Mi ha comunicato che faceva fatica a reggere il doppio lavoro, quello di segreteria e il lavoro di responsabile dell’organizzazione del Pd», ha dichiarato appena due giorni fa. Ma il 29 ottobre lui stesso aveva scritto ai magistrati di Roma per chiedere di essere sentito in un procedimento che dunque conosceva – «procedimento penale contro Scognamiglio e altri» c’è scritto nell’intestazione della lettera spedita dal suo avvocato alla procura di Pignatone e pubblicata ieri sul sito della Regione. Una mossa difensiva che somiglia molto a un autogol, e forse per questo ieri sera alcuni siti napoletani scrivevano delle imminenti dimissioni del capo dello staff di comunicazione del governatore.
Su tutto questo Renzi ha scelto di fare spallucce. Chi nel Pd aveva già messo in dubbio De Luca (il senatore Esposito, non il ministro Orlando) è finito spiazzato. Più complicata la posizione nell’inchiesta di Mastursi. Ma il fatto che si tratti del responsabile (fino a ieri pomeriggio) dell’organizzazione in regione del partito di Renzi, l’uomo che preparava la campagna elettorale a Napoli e a Salerno, sembra quasi un dettaglio.