Per i «più papisti del Papa» è stato un duro colpo, tanto da doversi affrettare a specificare l’unico aspetto scontato della dichiarazione di Papa Francesco contro l’accanimento terapeutico: il no all’eutanasia.

Il problema di chi sta paralizzando la legge sul biotestamento al Senato – o esplicitamente, con migliaia di emendamenti ostruzionistici o, più furbescamente, lasciando che prevalga l’inerzia con l’avvicinarsi della fine della legislatura – è però che quel testo, approvato a larghissima maggioranza alla Camera, è centrato proprio sul principio richiamato dal Papa: la possibilità per il paziente di sospendere cure, anche quando tale sospensione conduce certamente alla morte.

In realtà è già dagli anni ’50 che la Chiesa aveva riconosciuto l’importanza di non obbligare ad accanirsi sui malati, ammettendo terapie antidolore anche quando avrebbero avuto l’effetto di accorciare la vita del paziente. Ciò non toglie che la presa di posizione di Papa Francesco sia comunque importante, anche semplicemente per il fatto di aver riconosciuto l’impatto che il tema sta acquisendo grazie al progresso medico-scientifico, in grado di prolungare la vita oltre ogni ragionevolezza.

La presa di posizione, di per sé certo non rivoluzionaria, da parte del Pontefice lo diventa quasi in un Paese come il nostro, dove la Costituzione già stabilisce il diritto a interrompere le terapie, ma manca una legge che garantisca che a tale diritto corrisponda un preciso dovere da parte del sistema sanitario. La legge bloccata al Senato prevede proprio questo. In pratica, sì recepisce la giurisprudenza dei casi Welby, Englaro e Piludu in modo che per affermare un diritto costituzionale non ci sia bisogno del tempo e dei soldi per rivolgersi a un giudice.

In Parlamento i favorevoli sulla carta sono ben più numerosi dei contrari. Negli scorsi giorni, sia Di Maio che Renzi hanno speso parole in favore dell’approvazione della legge. Eppure, le possibilità di un nulla di fatto aumentano di giorno in giorno in assenza di una decisione dei capigruppo al Senato.

È fin banale dire che se ci fosse una vera volontà politica del Pd il risultato sarebbe a portata di mano, quantomeno quello di arrivare a un voto nel quale ciascun senatore possa assumersi le proprie responsabilità.

Le dichiarazioni del Papa non erano rivolte al Parlamento, e non entravano nel dettaglio delle scelte del legislatore. Sono comunque servite a rimuovere i residui alibi che tanti hanno accampato in queste settimane, invocando la necessità di evitare contrapposizioni con il modo cattolico. L’unico confronto dal quale i «più papisti del Papa» vogliono fuggire è quello con un’opinione pubblica ormai più che favorevole a una legge persino sull’eutanasia, oltre che sulla interruzione delle terapie e il testamento biologico.