La scuola deve dare le basi è una di quelle frasi fatte e come tale un po’ ridondante, ma esprime anche una verità. Bisognerebbe comprendere, banalmente, di che basi si tratta. Il volume La scuola è politica di Simone Giusti, Federico Batini, Giusi Marchetta e Vanessa Roghi (Effequ, pp. 186, euro 15) svolge esattamente questa funzione: dare le basi.

STRUTTURATO sotto forma di abecedario, affronta tematiche fondamentali relative alla scuola, fornendo ogni volta non solo informazioni, ma riflessioni sui diversi argomenti trattati. Si ribella al discorso vigente che spesso non va oltre le lamentele su quanto non sia più, neanche la scuola, quella di una volta, di come un tempo fosse in grado di selezionare e di formare gli alunni che invece tenderebbero a essere tutti una masnada di ignoranti. Ma oggi le ragazzine e i ragazzini che cosa esattamente dovrebbero sapere? Che cosa è importante? Una delle questioni che le autrici e gli autori si pongono nelle voci dell’abecedario è proprio quella di comprendere quale tipo di cultura o meglio di formazione sia prioritaria per un’alunna e un alunno in una scuola dell’obbligo italiana: «dobbiamo insegnare per preservare le discipline, il loro valore e il loro potere, o possiamo preoccuparci di ciò che ogni individuo deve imparare per vivere in una comunità democratica?» La risposta arriva all’interno di un’altra voce di questo piccolo vocabolario che descrive l’andamento della scuola italiana contemporanea e allo stesso tempo suggerisce e racconta modalità e tecniche di insegnamento che per la maggior parte dei casi dovrebbero essere già in atto, perché sono contenute nelle normative europee a riguardo. «Alla fine del corso di studi lo studente ha acquisito un maggiore controllo sulla propria vita? Si assume la responsabilità delle sue azioni? Ha conquistato una maggiore consapevolezza di sé?».

ECCO COSA dovrebbero chiedersi gli adulti che gestiscono la scuola e che dimenticano molto spesso non solo le esigenze di alunne e alunni, ma anche che il compito di una scuola dell’obbligo è almeno riuscire a fare sì che i giovanissimi e le giovanissime compiano, senza abbandonare, questo percorso formativo, che può coincidere con l’unico momento della loro vita in cui qualcuno ha il dovere di indirizzarli al meglio. Vanessa Roghi alla voce «Zero» riporta, infatti, un dato spaventoso, di come siano «quasi tre milioni (2.900.000) i ragazzi che, negli ultimi quindici anni, non hanno portato a termine la scuola secondaria di secondo grado».

IL TESTO è costruito a partire da una sapienza, da una conoscenza del mestiere di insegnante a cui si affianca una ricerca sul campo e di studio, ma seppure sarebbe un bene se esso venisse letto da altri addetti ai lavori, dai docenti appunto, risulta interessante per tutti perché parte da un presupposto che è poi riassunto nel titolo: la scuola è politica.
A scuola vengono formati i cittadini del futuro e – per quanto anche questa possa sembrare una frase fatta e ridondante – essa è incontrovertibile: le ragazzine e i ragazzini che stanno seduti a non ascoltare ore e ore di lezioni frontali sono coloro che fra pochi anni, esercitando il diritto al voto, sceglieranno i nostri legislatori prendendo parte, quindi, al complesso quanto fondamentale processo democratico.

«Vogliamo cittadini capaci di informarsi, di decifrare la realtà, di governarla meglio di quanto sia stato fatto, di goderne. Come ci riusciremo?». È Giusi Marchetta a porsi questa domanda alla voce «Lettura», ma la risposta arriva coerente dall’abecedario intero. Per dare gli strumenti alle alunne e agli alunni di decifrare la realtà bisogna guardarla insieme, senza negarla in nome di obblighi di programmazioni disciplinari che dalla realtà invece sono scollate e hanno come effetto quello di allontanare dalla scuola, dalla voce degli insegnanti che risuona nelle aule inutile, perché non ascoltata. Il risultato che si consegue se si persegue solo la caccia ai voti è di lasciarli soli a confrontarsi col mondo delle informazioni che oltre a essere enorme è pieno di falsità, senza uno sguardo critico e senza la minima idea di che cosa sia una lettura consapevole. La scuola è politica e può essere rivoluzione.