Il Def c’è, il decreto Aprile ancora no. Il documento, varato ieri mattina dal Consiglio dei ministri slittato a più riprese il giorno precedente, restituisce il quadro di un Paese devastato. Le stime non si scostano dalle previsioni. Il debito è previsto al 155,7% del Pil: dovrebbe scendere al 152,7% l’anno prossimo. Il rapporto deficit/Pil lieviterà al 10,4%, con previsioni di dimezzamento nel 2021: 5,7%.

Il Pil dovrebbe ripiegare sino all’8,1% in negativo per poi rimbalzare e attestarsi al meno 4,7% l’anno prossimo. Sempre che in autunno vada tutto bene e gli effetti della crisi si arrestino davvero, come previsto, nel primo trimestre del 2021. Se invece in autunno dovesse essere necessario un secondo lockdown, alle percentuali della recessione si aggiungerebbe un altro 2,7% negativo, e il rimbalzo auspicato si fermerebbe anche l’anno prossimo al 2,4%. La ripresa slitterebbe.

I DETTAGLI chiariscono meglio la portata della crisi. Il fabbisogno si porterà sino a 160 miliardi abbondanti, tetto mai toccato prima nella storia italiana. I consumi privati scenderanno del 7,2%, la disoccupazione arriverà all’11,6%. I redditi del lavoro dipendente caleranno del 5,7% per poi riprendersi, nelle previsioni, sino a raggiungere il 4,7% nel 2021. Le esportazioni fletteranno del 14% e passa. Le importazioni del 13%. Gli investimenti fissi del 12,3%.

Nei conti del governo per rientrare nella media europea quanto a rapporto deficit/Pil ci vorrà un decennio segnato da «congruo avanzo della spesa primaria» e per il resto le voci di entrata sono quelle di sempre: lotta all’evasione fiscale, riforma del fisco, green tax. La pressione fiscale scenderà, sia pur non di molto: arriverà al 41,8% quest’anno e al 41,4% il prossimo.

Merito della cancellazione delle clausole Iva, che permette di rovesciare l’aumento inizialmente previsto.

È a partire da questa panoramica rovinosa che il governo si prepara a chiedere, il 29 aprile, uno scostamento di 55 miliardi sul bilancio. È anche questo un evento senza precedenti. Nel complesso, di qui al 2032, il governo chiederà l’autorizzazione a uno scostamento di 440 miliardi. Il decreto dovrebbe essere varato subito dopo il voto delle camere, anche per giustificare la definizione di «decreto Aprile». Sarà massiccio, molto più di quanto non prevedesse lo stesso Conte quando lo annunciò in aula, subito dopo il varo del «Cura Italia», convertito ieri in via definitiva dalla Camera.

Quasi certamente supererà i 100 miliardi. Potrebbe arrivare addirittura a 150.

Ieri Gualtieri ha incontrato i capigruppo di maggioranza, dopo che il vertice fissato per giovedì mattina era stato cancellato per evitare scontri troppo accesi. «Clima costruttivo», assicurano tutti ma le posizioni restano divaricate. Per i 5S uno stanziamento inferiore a 1,5 miliardi per il Reddito d’emergenza è impensabile, meno della metà di quanto promesso. Ma per una volta Pd e Iv fanno muro: bisogna puntare sulle aziende, scommettere sulla ripresa e non sull’assistenza. Iv poi punta i piedi perché la gestione delle risorse sia affidata ai comuni e non all’Inps.

È passata invece, nonostante la contrarietà iniziale di Gualtieri, la decisione di «assorbire» subito e cancellare le clausole di salvaguardia sull’Iva, con le quali il rimbalzo nel 2021 sarebbe impossibile. Il governo si impegna contestualmente a evitare ogni aumento sia dell’Iva che delle accise.

NEL COMPLESSO la panoramica della catastrofe è dunque esauriente. La strategia per fronteggiarla, invece, è vaghissima. La promessa di Conte di fare di questo Def e del decreto Aprile la leva per la ricostruzione è un caro ricordo. Il decreto, per mastodontico che sia, resta limitato alle urgenze emergenziali. La strategia futura ripiega invece sulle formule tipiche di ogni finanziaria: investimenti produttivi, lotta all’evasione. Senza i fondi della Ue non ci sarà ricostruzione di sorta.
In materia, dopo la riunione del Consiglio europeo e il varo, sia pur solo per titoli e non ancora per sostanza, del Recovery Fund circola ottimismo, pur se cauto. Con un’incognita: il Mes.

I 5S hanno ingranato la retromarcia e si preparano ad accettarlo. «Se è senza condizioni lo valuteremo», media un Crimi ben diverso da quello che pochi giorni fa tuonava il suo «giammai». Ma il Movimento è diviso, i numeri al senato ballano e potrebbe essere necessario il soccorso di Forza Italia, che proprio sul Mes ha consumato una spaccatura in realtà profondissima con il resto della destra. Dopo il Coronavirus niente sarà come prima. Neppure il quadro politico italiano.