Una pioggia di miliardi promessi per completare le opere ferroviarie, per modernizzare gli aeroporti, per rilanciare i lavori pubblici nelle aree urbane, per asfaltare nuove o vecchie autostrade, per costruire varie infrastrutture, fra cui nuovi pozzi petroliferi. Questo è il meraviglioso programma del cosiddetto decreto “Sblocca Italia” (nome di fantasia, copy right Matteo Renzi).

E in più, tanto per essere svelti e convincenti, ci sono anche normative pensate ad hoc per snellire le procedure burocratiche e velocizzare l’assegnazione degli appalti. In buona sostanza, si tratta delle opere pubbliche (e private) che nei prossimi anni dovrebbero asfaltare l’Italia, con la prospettiva, dicono, di far ripartire l’economia.

La materia è complessa e c’è chi ha già ribattezzato “Sfascia Italia” il decreto che andrà in aula alla Camera la prossima settimana (il Movimento 5 Stelle che sta preparando una controproposta e una serie di iniziative nei territori per denunciare il bluff di un’operazione che non starebbe in piedi – “non ci sono i soldi” – e che sarebbe “dannosa” e piena di insidie – per il territorio e per l’opacità di procedure che potrebbero favorire il malaffare.

Questa però volta i penta stellati non sono i soli a sottolineare alcune “criticità”, se è vero che ieri nel corso di una lunga audizione alla Commissione ambiente alla Camera si sono levate altre voci autorevoli a suggerire una certa prudenza. E’ stata una lunga teoria di pareri, dubbi e perplessità, fra cui spiccano i pareri di Bankitalia e di Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità anticorruzione, quasi un oracolo del nuovo corso.

Gli esperti di via Nazionale, col tono compassato che gli è proprio, questa volta sono stati abbastanza espliciti: alcune deroghe previste nel decreto potrebbero favorire la corruzione, e ci sarebbero anche “rischi in termini di costi”. La parte del guastafeste è toccata al vice capo del servizio struttura economica di Bankitalia, Fabrizio Balassone, preoccupata per le troppe deroghe alla disciplina ordinaria previste dal decreto per la realizzazione delle opere pubbliche: “Si introduce un sistema di deroghe molto pervasivo al Codice di contratti pubblici sulla base della mera certificazione del requisito di estrema urgenza da parte dell’ente interessato. Tale ricorso a meccanismi derogatori, pur motivato dal condivisibile obiettivo di ridurre i tempi in fase di aggiudicazione, si è già rivelato in passato non sempre pienamente efficace, con ripercussioni negative sui tempi e sui costi nella successiva fase di esecuzione dell’opera e di vulnerabilità ai rischi di corruzione”. Invoca “trasparenza” Bankitalia.

Raffaele Cantone è andato oltre. E’ entrato nei dettagli per esprimere “qualche perplessità”. Per il ruolo che ricopre è inutile dire che il suo è stato l’intervento più allarmante ascoltato ieri in Commissione. Per esempio: il decreto concentra troppi poteri in mano all’amministratore delegato di Fs Michele Elia, nominato commissario straordinario per la Napoli-Bari. La scelta sarebbe problematica perché “è evidente che c’è un soggetto che ha interesse al compimento delle attività che è anche soggetto attuatore pubblico degli appalti”. Dicesi conflitto di interessi. Raffaele Cantone ha intravisto norme “non del tutto comprensibili” anche sulle concessioni autostradali, in particolare laddove esiste un meccanismo che affida alle aziende concessionarie la possibilità di presentare altri progetti nei tratti di interconnessione tra le autostrade anche dopo aver già vinto l’appalto.

L’affondo è piaciuto anche al presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti (costruttori edili): “Bisogna mandare in gara tutto quello che non è stato vinto tramite gara, dobbiamo fare chiarezza sugli interventi che creano lavoro”. Cantone, inoltre, ha ravvisato un concreto rischio riciclaggio a proposito dei project bond (sorta di azioni non nominative e “de materializzate”), e più in generale ha chiesto più chiarezza su alcune figure chiave individuate per facilitare l’attuazione del decreto “Salva Italia”. Per il presidente dell’Anac “va resa obbligatoria la trasparenza assoluta”.

Il suo intervento è stato apprezzato da Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente alla Camera: “Ha indicato concretamente vari spunti per migliorare il provvedimento”.