Alla fine il governo ha licenziato il decreto «Salva Roma» per scongiurare il crack e il commissariamento della Capitale. La voragine di bilancio di 867 milioni sul previsionale del 2013, mai approvato dal centrodestra di Gianni Alemanno, ereditata oggi dalla giunta guidata da Ignazio Marino, sarà ridotta a circa 380 milioni. Con un gioco di prestigio il grosso del debito passerà così alla gestione commissariale, che ha in carico il piano di rientro dei debiti fino al 2008, grazie al credito di 485 milioni che Roma Capitale vantava nei confronti del commissario Varazzani dal 2009.

I crediti della gestione commissariale verso le municipalizzate saranno invece ceduti al Campidoglio, per circa 200 milioni, somme fuori dal bilancio che eviteranno di dover mettere mano eccessivamente al portafoglio per i conti in rosso delle aziende partecipate dal comune o di privatizzarne quote significative. Altri soldi per far quadrare i conti sono in arrivo dalla Regione Lazio che erogherà più di 140 milioni di fondi destinati al trasporto pubblico locale. I soldi mancanti all’appello dovrebbero arrivare da tasse minori, come quella di soggiorno e l’occupazione di suolo pubblico, e dai tagli a diversi dipartimenti. Dal governo anche l’autorizzazione ad aumentare l’Irpef fino all’1,2% nel 2014, un aumento di circa il 25%, anche se il sindaco ha rassicurato dicendo chiaro e tondo «non aumenteremo le tasse».

Esultano così Ignazio Marino e la sua maggioranza che ieri in una riunione fiume ha lavorato al testo da portare in aula. I tempi sono strettissimi e il provvedimento dovrà passare per i quindici municipi e per l’aula Giulio Cesare dove l’opposizione annuncia battaglia, anche se è improbabile che il centrodestra si assumerà la responsabilità di arrivare al commissariamento, che scatterà se al 30 novembre il bilancio non sarà approvato.

Una vera e propria corsa contro il tempo che metterà al sicuro, secondo il team che in queste settimane ha lavorato a risolvere il rebus dei conti, il sociale e i servizi, mantenendo così le promesse fatte in campagna elettorale. Sì, ma per quanto? Questa è la domanda che rimane al momento inevasa: il debito continua ad ingigantirsi, il patto di stabilità imbriglia le spese e i tagli dei trasferimenti agli enti locali si faranno sempre più sentire. Per il momento si naviga a vista e già si pensa al bilancio previsionale del 2014, che la maggioranza vorrebbe approvare entro due o tre mesi al massimo, e a riprendere l’attività della giunta e dell’aula al momento paralizzata: nell’ultimo mese il consiglio comunale non si è quasi mai riunito per mancanza di delibere da discutere.

Ma i guai per il sindaco Marino non finiscono qua. Ieri piazza del Campidoglio è stata invasa da più di mille dipendenti comunali, convocati dai sindacati confederali durante lo sciopero di tre ore, per chiedere l’adeguamento dei livelli salariali, la stabilizzazione dei precari e soprattutto uno stop alle onerose consulenze esterne. Sempre ieri i lavoratori delle cooperative sociali e il Roma Social Pride hanno manifestato sotto le finestre dell’assessore alle politiche Sociali.