Il rischio che ha riguardato l’Anac di Cantone è scongiurato. Meno rumore hanno fatto alcune modifiche appena approvate al Codice Appalti, che hanno riaperto le porte, seppure in una forma limitata, a subappalti, massimi ribassi e appalti integrati.

In questi ambiti l’appetito vien mangiando e il rischio è che possa saltare ogni argine. Ma il pericolo maggiore per una trasparente e efficace gestione delle opere pubbliche nel nostro Paese viene dalle modifiche alla Valutazione di Impatto Ambientale previste in un Decreto legislativo approvato dal governo. Intanto perché i tempi sono strettissimi, entro la prossima settimana sono previsti i pareri delle commissioni parlamentari e delle Regioni, e poi il testo potrà diventare legge. Ma sono soprattutto i contenuti di un testo a destare preoccupazione, perché mandano in soffitta quanto in questi anni si è ottenuto, attraverso battaglie e direttive europee, in materia di trasparenza delle procedure, valutazioni ambientali e informazione dei cittadini.

Qualche esempio?

Il Decreto prevede che la valutazione ambientale sia fatta su un progetto di fattibilità, ossia su un livello ancora preliminare e incompleto di approfondimento. Ad analizzare il progetto sarebbe poi una commissione selezionata dal Ministro dell’Ambiente «senza obbligo di procedura concorsuale». Leggere una frase del genere in un testo di legge mette i brividi, anche perché si tratta di scegliere persone competenti e indipendenti che garantiscano l’interesse generale alla tutela dell’ambiente. A giustificare questa scelta sono i problemi incontrati nell’operare la selezione dei commissari in questi anni da parte del Ministero, con ricorsi e ritardi. Che è come voler dire: aboliamo le gare di appalto perché c’è la possibilità che qualcuno possa ricorrere al Tar. Ma se è evidente che questa proposta verrà presto modificata, prima che intervenga l’Anac o un tribunale europeo, più preoccupanti sono altri due aspetti della proposta.

Il primo riguarda i contenuti ambientali dei progetti, perché vengono cancellati i riferimenti normativi che fino ad oggi hanno guidato analisi e valutazioni senza che siano in alcun modo sostituiti. Sono poi a rischio il diritto all’informazione dei cittadini e alla partecipazione perché viene infatti cancellata l’unica possibilità che fino ad oggi si aveva di essere informati sull’inizio di un iter di Valutazione ambientale, ossia l’obbligo di pubblicarlo sui quotidiani. C’è poi un passaggio dove davvero si percepisce la mano di Confindustria, unico soggetto coinvolto nella fase di redazione del testo. Il Decreto prevede infatti un ruolo centrale del proponente l’opera, tanto che l’Eni o la Società autostrade – per fare degli esempi – potranno in «qualunque momento» richiedere un confronto con l’Autorità competente e addirittura rispondere alle osservazioni dei cittadini, sostituendosi al ministero, attraverso delle controdeduzioni. L’effetto sarebbe uno stravolgimento di una valutazione che dovrebbe servire a capire gli impatti ambientali e i costi di un opera, nell’interesse generale, e non a spingerne la realizzazione. E’ davvero grave che un testo con contenuti di questa portata sia costretto a una discussione pubblica e politica così limitata nei tempi e nelle forme. Anche perché modifica profondamente le innovazioni portate al Codice degli Appalti dal ministro Delrio, dopo gli scandali e gli arresti per la gestione dei cantieri delle grandi opere. Dai cantieri dell’altra velocità tra Milano e Genova a quelli della Variante di Valico il problema è stato sempre lo stesso. Una volta aperti i cantieri si scoprivano amianto, gas o falde idriche che i progetti preliminari non avevano individuato. Per la gioia di chi gestiva i cantieri che poteva operare varianti, aumentare i costi e gestire senza limiti o controlli i subappalti. Nel Codice veniva posto un argine a questa deriva con affidamenti dei cantieri esclusivamente sulla base di progetti definitivi, limitazioni per i subappalti ma anche l’introduzione del dibattito pubblico sulle opere, proprio con l’obiettivo di informare i cittadini dall’inizio e puntare al coinvolgimento dei cittadini. Quelle scelte, approvate solo pochi mesi fa, sono oggi a rischio ed è per queste ragioni che un ampio cartello di associazioni ambientaliste chiedono a parlamento e governo di cambiare strada.

*vicepresidente Lega Ambiente