È il 1985 quando Genova si dota del museo comunale di arte contemporanea Villa Croce, dal nome della famiglia che dona l’immobile. Fin dall’inizio, quel museo ha un problema di spazio. Troppo piccola la villa per le grandi installazioni e le 4100 opere, tra cui la collezione Ghiringhelli (220 opere dall’astrattismo a Lucio Fontana, da Fausto Melotti a Pietro Consagra). Nonostante tutto resiste per un ventennio, ma oggi servirebbero nuovi spazi. Il museo nasce sotto la regia pubblica dell’assessore Attilio Sartori della giunta Cerofolini (1975-1985), che apre la città al dibattito con mostre, incontri, festival, una esperienza mai più realizzata.
Nel 2012 il Comune, sulla base di una petizione pubblica, guidata dalla galleria Pinksummer, decide di affidare Villa Croce a un curatore attraverso un concorso, vinto da Ilaria Bonacossa. I privati entrano per la prima volta nella gestione museale con una sponsorizzazione per il primo anno di 120mila euro che si riduce negli anni: a fine 2016, Bonacossa lascia l’incarico per Artissima. Nel frattempo, l’amministrazione Doria dirotta in altre strutture i dipendenti del museo, con l’intento di liberarsi della sua gestione. Il rapporto tra città e museo non è mai stato buono e l’ostracismo è venuto dalla politica, dalla direzione musei, con la spietata concorrenza di Palazzo Ducale che organizza anche mostre di arte contemporanea.

Così in questo processo di disimpegno del pubblico, nel 2015 Palazzo Ducale e Comune convincono la Fondazione Garrone a organizzare un master per la gestione dei servizi del museo (bookshop, caffetteria, attività collaterali, didattica). Tra i sette gruppi che propongono le loro idee, Open srl si aggiudica un premio di 50mila euro, senza avere nessuna precedente esperienza. Proprio in questi giorni ha dichiarato che non riesce a tenere aperto il museo, accusando le scelte «elitarie» di Bonacossa come causa della mancanza di visitatori (nel 2014 12.900, nel 2015 12.600, nel 2016 9.500). Ma Villa Croce apre solo quattro giorni la settimana: come si ritiene possibile incrementare le risorse con compleanni e feste, serrando i battenti in agosto per ferie? Sembra poi che Open srl non abbia rispettato il contratto: allora perché Fondazione Garrone e Comune non lo hanno revocato?

Nel 2017 è stato indetto dal Comune un nuovo concorso che ha nominato curatore Carlo Antonelli. Il suo programma ha messo al centro Genova, con il ritorno di Vanessa Beecroft e Giulio Paolini: l’obiettivo è riportare i genovesi al museo. L’assessora Serafini, in piena sintonia con le Open, ha affermato (riferendosi alla precedente direzione artistica) che «forse le mostre scelte, per quanto molto belle, erano troppo complesse e di nicchia, non in grado di attirare visite»: nessuna notizia di strategie per il futuro del museo ma solo assenza di progetto.
È il declino di Genova e della sua classe dirigente, compresa quella borghesia che colleziona Warhol ma che non fa nulla per la città