«’Nel mondo ci sono cose incomprensibili al nostro intelletto’», ripeté il Rabbino prima di allontanarsi, ’ma Dio ha un piano’. Mentre mi avviavo verso casa mi chiesi se l’obbiettivo della mia Nikon potesse catturare questo piano, perché io proprio non ci riuscivo». Per Ezra Kramer, 15 anni, protagonista di Grandangolo di Simone Somekh (Giuntina, pp. 180, euro 15) la faccenda di Dio è decisamente complicata. Con il piano in questione, infatti, Ezra si confronta negli anni seguenti: come ogni eroe che si rispetti dovrà lasciare casa, famiglia e comunità per trovare una nuova identità in altre parti del mondo e dopo innumerevoli incontri. Per ciascun frammento di viaggio dovrà spiegare agli uni e agli altri frammenti di sé.

ALL’INIZIO, nella Brighton ebraica ultraortodossa da cui fugge, deve raccontare ai nuovi compagni di scuola, sempre ebrei ortodossi ma «moderni», che nella sua comunità di provenienza le donne non sono segregate. Ezra fotografa, dal principio alla fine del libro (da qui il titolo). Ed è per questo che è stato espulso: per aver fotografato una compagna di scuola. Un viso, degli occhi che guardano il mondo, ma la comunità ebraica ultraortodossa non ha apprezzato. È una comunità dove i giovani si sposano a venti anni, hanno otto figli e decine di nipoti: è da lì che Ezra è fuggito.

SIMONE SOMEKH, nato a Torino da una famiglia ebraica religiosa è giovanissimo, ha 24 anni, e alla sua prima esperienza narrativa. Ha vissuto in Israele e negli Stati Uniti e, per ora – come il suo protagonista – si è fermato a New York. In questo Grandangolo ricostruisce un viaggio in cui nulla è scontato e ciascuno deve spiegare qualcosa all’altro: «Perché gli uomini haredì (ultraortodossi, ndr) possono prendere delle decisioni?», replica infatti Ezra dopo aver risposto a proposito delle donne «mi pare che anche loro sappiano fin da piccoli che devono sposarsi e fare figli e che quella sarà la loro vita». Il viaggio di Ezra invece prosegue nella fotografia dell’alta moda e nel mondo.

MA UN PESO accompagna il suo girovagare: l’incapacità di essere stato vicino al fratello adottivo omosessuale. Perché se antisemitismo e omofobia sono spesso compagni di viaggio nelle comunità ebraiche ortodosse invece il tema è controverso, imbarazzante, a volte paralizzante. È a questa lontananza che Ezra cerca riparazione.

MERITO di Simone Somekh è aver raccontato come l’identità possa essere fluida, come possa cambiare nel corso degli anni, delle scelte e dei luoghi. Come la ricchezza sia nell’infinità dei grigi che separano il nero dal bianco. Il suo Ezra non è simpatico, è ambizioso, interessato, egoista e, soprattutto nel raccontare i suoi scontri con un’identità ebraica ultraortodossa percepita come soffocante, convincente.