Accade raramente che un consesso accademico si trovi a far convogliare studiosi da ogni parte del mondo per discutere di un argomento di stringente attualità. È questo il caso di Urbino, dove il 9 e 10 ottobre, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza, si terrà il seminario internazionale dal titolo «Quo vadis Europa? Stabilità e crescita nell’ordinamento europeo».

Giuristi, economisti, storici e filosofi affronteranno quello che forse è l’argomento principe il vecchio continente: esiste veramente un’Europa? E se sì, con quali caratteristiche, per fare cosa e andare dove in una realtà globale profondamente mutata?

E l’Italia, all’interno di questo discorso, quale ruolo può svolgere per non rimanere schiacciata dalle politiche di austerità imposte dalla finanza internazionale, ma anche per sperare in una crescita economica e in politiche che affrontino un disagio sociale ormai ai limiti della tollerabilità?

La dicotomia troppo netta fra rigore e sviluppo, sta alimentando frustrazione e rabbia nei cittadini europei, che ha un sintomo nella crescita di movimenti populistici e demagogici i quali, cavalcando il disagio sociale, si fanno portatori di soluzioni radicali.

«Ciò che è in discussione – affermano Antonio Cantaro e Yuri Kazepov, docenti urbinati e organizzatori del seminario – è il telos del processo integrativo, ossia il progetto di una Unione sempre più stretta dei popoli europei, che non sia soltanto integrazione monetaria (con tanto di sottomissione al modello ideologico americano), ma anche integrazione geografica, economico-giuridica e, naturalmente, politico-sociale».

Diffusa è la convinzione che l’Europa abbia smarrito il suo motivo originario di realtà unificata secondo un modello sociale specifico, per trasformarsi gradualmente in una sorta di «Nato americana» incapace di esercitare un ruolo autonomo e attivo nel contesto internazionale. Più che in una nuova fase di crescita, l’Unione europea sembra inoltre essere entrata in una nuova fase della crisi. Mario Draghi ha forse salvato l’euro, ma l’Unione nel suo complesso continua a non produrre crescita e occupazione, continuando, anzi, a bruciare ricchezza. La crisi economica è, peraltro, solo la punta dell’iceberg, e il contestuale venir meno della fiducia rispetto al processo di integrazione rappresenta il cuore della crisi esistenziale dell’Unione.

Con queste complesse questioni si confronteranno nel seminario internazionale alcuni dei più autorevoli osservatori e studiosi del processo di integrazione sovranazionale. Il seminario, che si svolgerà da giovedì 9 ottobre (ore 14.30) fino a venerdì 10 ottobre (ore 19.30) presso l’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza sarà introdotto dalla relazione del Professore Christian Joerges (Università di Brema e Berlino). L’iniziativa seminariale si articola in tre distinte sessioni nelle quali interverranno, tra gli altri: Francisco Balaguer Callejón (Università di Granada), direttore della Revista de Derecho constitucional europeo; Stelio Mangiameli (Università di Teramo), direttore dell’Issirfa-Cnr; Leonardo Paggi (Università di Firenze), direttore dell’Associazione per la Storia e le Memorie della Repubblica; Paolo De Ioanna, giudice del Consiglio di Stato; Claudio Gnesutta (Università La Sapienza di Roma) collaboratore di Sbilanciamoci; Marcello Degni (Università di Pisa); Miguel Ángel García Herrera e Gonzalo Maestro Buelga (Università del Pais Vasco); Ugo Ascoli (Università di Ancona); Stefano Giubboni (Università di Perugia. Il seminario sarà concluso dall’intervento del Presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, Antonio D’Atena (Università di Roma Tor Vergata).