Nella retorica ufficiale è difficile trovare obiettivi più apprezzati della ricerca scientifica e dei benefici che se ne possono trarre. Nell’agenda politica è difficile trovare un tema più marginalizzato. Può così accadere che un esercito di opinionisti sia sempre pronto a spiegare come il taglio degli investimenti alla ricerca significhi tagliare il ramo sul quale siamo seduti. Ma, quando il taglio puntualmente avviene, è accompagnato dall’indifferenza generale, opinionisti inclusi.

Non è nemmeno una previsione, ma una scontatezza affermare che il progresso tecnologico rivoluziona il modo di nascere, di curarsi e di morire, come di qualsiasi attività umana anche nel rapporto con l’ecosistema. Altrettanto evidente dovrebbe essere che, come in ogni rivoluzione, può prevalere un sistema di governo tecnocratico e oppressivo oppure democratico e fondato sul diritto e sulla libertà. E’ una questione innanzitutto politica.

Accade invece che, senza temere il cortocircuito logico, i più smaliziati addetti ai lavori (della politica e dei talk-show) sono convinti che la politica debba rimanere altro, un po’ come negli anni Sessanta l’establishment pensava che alle masse popolari non interessassero aborto, divorzio e omosessualità.

Con il risultato che negli ultimi dieci anni sono state a decine di migliaia gli italiani condannati all’esilio scientifico e medico: coppie che hanno speso fortune per la fecondazione assistita e l’analisi genetica pre-impianto in giro per l’Europa, malati terminali che hanno messo insieme 5/10.000 euro per andare a morire in Svizzera, scienziati che sono andati all’estero per portare avanti progetti di ricerca che in Italia sarebbero proibiti o sotto-finanziati. Cercando di onorare la caparbietà di un uomo come Luca Coscioni, che da malato di Sla divenne leader di 96 premi Nobel, noi radicali abbiamo deciso di insistere, e di usare anche i nuovi strumenti di diritto internazionale a disposizione per costringere la politica italiana ad occuparsi di una vera e propria emergenza nazionale: il deficit della ricerca e delle libertà civili ad essa collegate.

Da venerdì 25 a domenica 27 settembre terremo a Milano il XII Congresso dell’Associazione Luca Coscioni, per l’affermazione del diritto umano alla libertà di ricerca e a beneficiare del progresso scientifico, come già riconosciuto a livello transnazionale. La dichiarazione universale dei diritti umani e il Patto Onu per i diritti economici e sociali stabiliscono una sorta di diritto alla scienza, inteso come obbligo per gli Stati sia di promuovere la ricerca libera che di garantire l’accesso ai benefici che da essa provengono.

Abbiamo operato nei Tribunali e nelle assemblee istituzionali perché quel diritto non restasse sulla carta. Dopo i successi alle Corti interamericana ed europea dei diritti umani, abbiamo ottenuto preziosi risultati in Italia, in particolare sulla legge 40. Vogliamo proseguire. Le proibizioni immotivate in tanti campi – dall’eutanasia alla ricerca su embrioni, droghe e Ogm- richiedono una visione complessiva e un soggetto politico per attuarla. L’Italia ha appena ratificato il protocollo addizionale al Patto sui diritti economici e sociali che consente il ricorso all’Onu contro quegli Stati che negano libertà e speranze a cittadini e scienziati. Come soggetto costituente del Partito radicale, crediamo nell’importanza della «vita del diritto per il diritto alla vita» e vogliamo dotarci di strumenti per indurre l’Italia e rispettare il diritto alla scienza. Agiremo assieme agli scienziati, alle persone malate e disabili, a tutti i cittadini che credono che anche questa sia la politica. I 155 Parlamentari che hanno con noi chiesto la calendarizzazione delle proposte di legge sul finevita sono già un segnale positivo.

* Gli autori sono rispettivamente Segretario e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni