Sul trespolo nella redazione de «la Repubblica» non c’è un merlo, ma un condor, il rapace che si nutre delle carcasse degli animali. Un merlo proprio no, lui è gentile e squillante, ha un becco giallo certo da furbo ma consapevole, di uno che la storia la conosce al volo.

E invece no, chi ha firmato ieri «Cucù» – la rubrichetta sedicente ironica – vale a dire Francesco Merlo, è stato sfacciatamente ignorante e menzognero nel mostrarsi a tutti i costi «controcorrente» rispetto ai ricordi affettuosi e positivi, e da molte parti, per Rossana Rossanda.

Dunque, secondo il nostro condor, Rossana Rossanda, che viene radiata col gruppo del Manifesto a fine 1969, «condivise gli orrori del comunismo». Con un po’ d’invidia, avvertiamo, la chiama «Gran Dama».

Poi rincara la dose: «Disciplinata nemica del marmo stalinista». Ma tutti sanno che visse indisciplinatamente e in conflitto nel Pci le vicende del 1956, e che fu proprio l’indisciplinata difesa della Primavera di Praga all’origine della sua radiazione; e che negli anni Settanta promosse ben due convegni sulle crisi dei paesi dell’Est.

Mica è finita. «S’invaghì del castrismo» dice il condor: ma tutti sanno invece che il suo rapporto con Castro fu burrascoso, al punto che il libro di Karol sulla rivoluzione al potere a Cuba fu ufficialmente criticato a l’Avana.

Ma la perla vera – carognata, visto il pennuto sul trespolo – è l’accusa sulla Cina.

Scrive il nostro: e poi s’invaghì «della feroce Cina di Mao compresa la Tiananmen…». Rossana Rossanda ha difeso il tentativo di un Paese del Terzo Mondo, tale era la Cina ancora negli anni Sessanta e Settanta, di costruire un nuovo modello di sviluppo e di dichiararsi fuori dalle sfere d’influenza, di Usa e Urss; lì c’era stata una rivoluzione originale, dove i contadini, diversamente dall’Urss staliniana, venivano ascoltati e non espropriati ai fini della costruzione di una potenza industriale; quella «arretratezza» che camminava sulle «proprie gambe» era il tentativo di non ripetere le tragedie del socialismo reale.

E la Tiananmen? Apriamo l’archivio al pennuto condor, così può leggere l’attacco dell’89 al Deng della Tiananmen – perché con Deng vince la «linea capitalista» – scritto proprio da Rossana Rossanda.

E per finire, la beccata finale: basta schierarsi dalla «parte del torto» come faceva la «Gran Dama»: «..allora avevano ragione i vituperati riformisti, anche se meno glamour».

Eppure è sulla nostra pelle che abbiamo pagato il peso degli insegnamenti «riformisti» di un giornale come «la Repubblica» impegnato dalla nascita nel 1976 – Il manifesto esisteva già da 5 anni – ad insegnare il «riformismo» al Pci.