«La Casaleggio e associati e le fondazioni che gravitano attorno a Renzi potranno continuare a svolgere tranquillamente la loro azione». Più negativo di così non potrebbe essere il giudizio di Sinistra italiana sulla legge in discussione alla camera che, settant’anni dopo, si annuncia solennemente come l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Quello che nomina il «metodo democratico» come caratteristica indispensabile dei partiti politici, ma ha evitato di tradurlo in prescrizioni precise per evitare rischiose ingerenze nella vita interna delle formazioni politiche.
Ieri alla camera dei deputati è cominciata la discussione sul disegno di legge, nella versione messa a punto dal relatore che è il renziano Matteo Richetti. Non c’è più nel testo la misura più dura, l’esclusione dalle elezioni dei partiti che non presentano uno statuto formulato secondo i principi della democrazia interna. Una misura che aveva proposto il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini ma che era stata immediatamente letta come una mossa anti Movimento 5 Stelle. Lo statuto adesso può essere sostituito da una «dichiarazione di trasparenza», mentre l’obbligo di statuto resta per i partiti che vogliono concorrere al finanziamento pubblico indiretto (quello del due per mille).

Il nuovo testo è assai poco incisivo per quanto riguarda le regole interne, e si concentra sulla «trasparenza» delle forze politiche, realizzata con la pubblicazione sul sito internet del partito e del ministero dell’interno di una serie di informazioni. Con alcune eccezioni, ad esempio le donazioni inferiori ai 15mila euro in un anno possono restare anonime, se il donatore non concede il suo consenso alla pubblicazione. Per Sinistra italiana «la montagna ha partorito il topolino».

Come mai a sinistra sia caduto il tabù dell’ingerenza della legge nella vita interna dei partiti, lo ha spiegato intervenendo in aula il deputato di Si Stefano Quaranta. «I partiti che c’erano nel 1948 – ha detto – erano essi stessi la democrazia nel nostro paese, perché erano stati i protagonisti della Resistenza, e avevano milioni di iscritti. Non avevano bisogno, in quel contesto, di essere regolamentati nella loro democrazia interna, anzi, c’era il pericolo che un’eccessiva regolamentazione fosse vissuta come il tentativo di escludere qualcuno. Oggi le forze politiche non solo non sono più quelle, ma si sono progressivamente svuotate, sono diventate sempre di più verticistiche, gestite da ristrette cerchie di persone, i partiti sono sempre più facilmente scalabili da lobby economico-finanziarie esterne alla vita democratica di questi partiti».

Da qui la delusione per la legge in via di approvazione – la votazione degli emendamenti comincerà il 7 giugno. La causa, ha detto Alfredo D’Attorre, anche lui di Sinistra italiana, è nell’accordo «sottobanco» tra il Pd e il Movimento 5 Stelle. «I grillini hanno acconsentito a non toccare il tema tanto caro al Pd dei finanziamenti privati ai partiti, in cambio hanno ottenuto che nulla sia stato toccato sul metodo democratico interno alla vita dei partiti. Abbiamo assistito a un balletto di accuse reciproche, poi tutto si è risolto con un accordo che ha portato all’astensione dei 5 Stelle in commissione». «Queste sono fantasie di D’Attorre – ha replicato il Pd Richetti – tant’è che i 5 Stelle gridano ancora che questa è una legge contro di loro».