Una mattina di settembre del 2018 a Roma, un ragazzo di 17 anni muore travolto da un tram. Si pensa immediatamente a un incidente o, al limite, a un suicidio. Ma qualcuno non è d’accordo: in quel drammatico incidente, qualcosa non quadra.

Quel qualcuno è il commissario Flavio Bertone e la morte del giovane rappresenta l’inizio del nuovo romanzo di Fabio Bussotti, intitolato L’amico di Keats (Mincione edizioni, pp. 246, euro 14).

Come nei precedenti, nel libro vengono narrate due storie: una è quella relativa all’inchiesta del commissario, l’altra esplora avvenimenti riguardanti qualche notissimo esponente dell’arte, della storia o della letteratura. Le due vicende, poi, non restano separate; anzi c’è sempre qualche elemento importante che le unisce, le mette in rapporto.

IN QUESTO CASO, come si evince dal titolo, si parlerà del poeta John Keats. Il legame tra i due piani temporali, poi, non si limita soltanto ai concreti elementi di connessione, ma investe l’atmosfera che avvolge l’intera narrazione. Così, ad esempio, la figura del commissario Bertone sembra quasi trasfigurarsi acquisendo vari elementi del tipico eroe romantico.

Distrutto dalla recente morte della sua compagna, il protagonista è come se fosse morto anche lui. Disinteressato ed estraniato dal lavoro e dalla vita, straziato dal dolore che cerca di annegare nell’alcol conduce una vita sul sentiero della più totale autodistruzione. Il caso del ragazzo morto lo colpirà nel profondo, risveglierà il suo interesse aiutandolo, forse, a intraprendere una strada diversa.

Non bisogna però pensare che il libro sia colorato soltanto d’angoscia e di dolore. Anzi, ci sono ampi spazi dedicati all’ironia – nella coppia di sicari che assomigliano a Lucio Dalla e Giorgio Gaber – alla critica anche aspra e alla descrizione puntuale di questioni quali la corruzione, l’arroganza del potere, il bullismo, l’attenzione affettuosa a chi è o appare diverso. E, soprattutto, ci sono lo stile e la struttura della narrazione, in grado di mantenere sempre viva l’attenzione di chi legge, portando a livelli elevati la suspence nel susseguirsi degli avvenimenti.

NON MANCANO poi inserti surreali, come il sogno-visione del commissario, introdotto da un riferimento a Il mucchio selvaggio e che sembra riecheggiare in qualche modo la visione inquietante di Gregory Peck nell’hitchcockiano Io ti salverò. Il tutto con una scrittura agile e, in qualche modo, visiva, capace di far vedere ciò che viene raccontato – del resto Fabio Bussotti non è solo scrittore ma anche attore, drammaturgo, sceneggiatore – e dotata di una cifra molto personale che permette all’autore, ad esempio, di inserire all’interno di un romanzo di genere brani di poesie romantiche addirittura in lingua originale.

Naturalmente nel libro si ritrovano i personaggi che ormai fanno parte della cerchia del commissario, gli elementi della sua squadra, i suoi superiori, quello che è rimasto della famiglia e poi tutte le varie donne che hanno avuto a che fare con lui in passato. Si incontrano poi nuovi personaggi che è lecito pensare avranno un peso nella continuazione della saga.