IlGruppo editoriale l’ Espresso è sulla
bocca di tutti dopo che a marzo è stata
annunciata la fusione con Itedi, la
società che controlla la Stampa ed il
Secolo XIX, in quella che è stata ribattezzata
come «StamPubblica», a soli
due mesi della nomina di Mario Calabresi
a direttore di Repubblica proprio
da la Stampa.
Il gruppo Espresso si compone di
5 divisioni:
la «Divisione Repubblica» comprende l’attivitàdiproduzione,
realizzazioneecommercializzazionedeiprodottieditorialirelativi
alla
testata la Repubblica (quotidiano nazionale,
9edizioni localiedi supplementisettimanali
Affari&Finanza, Il Venerdì e D). La divisione
non comprende l’attività digitale legata al
quotidianocheèall’internodelladivisionedigitale;
la «Divisione Quotidiani Locali» che
comprendele18testate locali edite dalGruppo;
la «Divisione Periodici» che include le testate
L’Espresso, National Geographic, Limes,
MicromegaeleGuidede L’Espresso; la«Divisione
Digitale» che gestisce il business digitale del
Gruppo Espresso; l’attività riguarda tutti i
branddelGruppoe sisviluppa attraverso tuttelepiattaformetecnologiche:
sitiweb,applicazioni
mobili per smartphone, tablet e
smartTV; Il «comparto Radio» del Gruppo
che comprende le tre emittenti nazionali Radio
Deejay, Radio Capital e m2o.
Lostorico del fatturato preso in considerazione,
dal 1997 ad oggi, segna una parabola
che ha come vertice le annualità 2006 e 2007
con ricavi intorno ai 1.100 milioni di euro,
poi la discesa costante che ha portato il fatturato
dal 2014 in poi per la prima volta sotto il
livello del 1997.
Dal 2009 al 2015 il fatturato complessivo
delGruppoEspressoè passatoda886.6milioni
di euro a 605.1 milioni di euro registrando
unaflessione 280.9 milioni di europariadun
calo del 31.7%. Nella sua storia recente l’anno
con maggiori ricavi è stato il 2011 con un
fatturato di 890.1 milioni di euro.
Perquanto riguarda il bilancio2015la raccoltapubblicitariapesail57.1%
mentreiricavi
diffusionali pesano il 36%. Analizzando le
diverse divisioni succitate emerge che la «Divisione
Repubblica» genera esattamente un
terzo del totale dei ricavi dell’anno scorso, la
«DivisioneQuotidianiLocali» il26.1%,quella
dei periodici il 3.5%, quella digitale l’8.6%. Il
comparto radio il 10%. La «divisione Periodici
»èinperenne«apnea»conla linea deiricavi
costantemente al di sotto di quella dei costi e
unrisultatooperativonegativointutteleultime
cinque annualità.
Esaminando invece la divisione digitale,
che dovrebbe rappresentare idealmente
l’areadisviluppodelgruppo,dopoannidicrescita
costante si registra una flessione
nell’esercizio2015 passando dai 53.7 milioni
di euro del 2014 a 51.9 milioni di euro nel
2015. Infatti, A fronte di una crescita del fatturato
pubblicitario del2%si riducono i ricavidavenditadicopiedigitalilegateadiniziative
promozionali.
Secondo quanto riportato nella presentazionedei
risultati e delle strategie delgruppo
del maggio 2014, nel 2015 Repubblica.it
avrebbe dovuto rendere disponibili online il
100% dei contenuti pubblicati nella versione
cartacea contro l’attuale10% proteggendo
questi contenuti dietro un «soft metered
paywall» che avrebbe consentito la lettura
di20articoli almesepassati i quali scatterebbe
il pagamento. Iniziativa che al momento
non è stata resa operativa generando, anche,
la «delusione» di Rcs che si attendeva di
non essere l’unico dei grandi quotidiani nazionali
a procedere in tal senso. Non a caso
dai dati pubblicati dalla «International
News Media Association», l’enfasi sui
paywallstascemandoperconcentrarsisualtri
possibili fonti di ricavo sicuramente più
plausibili per i quotidiani generalisti cheoggettivamentehannoscarsepossibilitàdimonetizzare
in questo modo.
Flessione anche dei «ricavi diversi», che
comprendono i «collaterali»: questa voce pesa
sul bilancio per un 18%. Probabilmente in
questa voce dovrebbero essere inserite con
più decisione,maquesto vale per tutti i gruppi
italiani, attività come quelle di content
marketinge servizi adaziende esponsorcome
stanno facendo, con profitto, molte altre
grandi testate straniere come «New York Times
»e «Guardian» con l’attivazione di dipartimenti
appositamente dedicati.
Il risultato netto consolidato è stato pari a
17 milioni nel 2015 in miglioramento rispettoai8.5milionidell’esercizioprecedente,
anche
grazie alla rideterminazione del fondo
imposte differite sulla base della nuova aliquota
Ires al 24% introdotta dalla Legge di
Stabilità 2016. Positività di bilancio che però
va ben interpretata. Infatti il gruppo Espresso-
Repubblica, come emerge anche dalla trimestrale2015,
tra gliintangible assets,tra lecapitalizzazioni,
mette a bilancio 480 milioni
di euro come valore dei marchi delle testate
di proprietà del gruppo.
Proprio all’inizio di questo mese è stato
firmato l’accordo quadro che prevede – come
illustrato nel comunicato stampa diffuso
– il conferimento da parte di Fca e Ital
Press del100%delle azioni di Itedi in Gele (Il
Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A), a fronte
diuncorrispondente aumento di capitale
riservato. Al perfezionamento dell’operazione,
Cir deterrà il 43,4% del capitale sociale
di Gele, mentre Fca ne deterrà il 14,63% e
Ital Press il 4,37%.
Si evidenzia insomma un sistema dei ricavi
basato tutto sulla coppia diffusione/pubblicitàchesegnalaevidentilimitiancheperilfuturoeundigitaleche,
in Italia,stentaadecollare
anche tra i big dell’editoria italiana. È notizia
recentel’ingressodiMassimoRusso,chedopo
la direzione di Wired e la codirezione de La
Stampa, «torna a casa» in qualità di managing
director della divisione digitale che evidentemente
aveva bisogno di rinforzi dopo che, secondolarelazionefinanziariadelprimosemestre
2016, chiude i primi sei mesi dell’anno
con ricavi in flessione dell’1.4%.