Due mesi e mezzo dopo la sua elezione alla presidenza della Repubblica, Sergio Mattarella ieri mattina ha oltrepassato le mura leonine per la prima visita di Stato in Vaticano.
Un incontro che oltre alla cordialità, consueta in simili occasioni, ha evidenziato una grande sintonia fra il capo dello Stato e papa Francesco per diversi motivi. Perché la sobrietà sembra essere un tratto che accomuna entrambi – tanto che quando Mattarella si è spostato con la Panda o ha viaggiato in treno alcuni giornali non trovarono di meglio che titolare «Mattarella come Francesco» –, e infatti la visita di ieri si è svolta con un protocollo essenziale, a cominciare dagli abiti: niente frac per il presidente, niente insegne papali per il pontefice. Perché Mattarella è un cattolico che rivendica pubblicamente la propria fede, a differenza del laico-cattolico Ciampi e del non credente Napolitano (per trovare una personalità simile bisogna tornare a Scalfaro, negli anni ’90). E perché ambedue sembrano privilegiare i temi sociali.
Come hanno dimostrato nei colloqui riservati (a cui ha partecipato anche il ministro degli Esteri Gentiloni) e nei discorsi ufficiali, a partire dalla questione immigrazione. «Desidero esprimere la mia gratitudine per l’impegno che l’Italia sta profondendo per accogliere i numerosi migranti che, a rischio della vita, chiedono accoglienza. Le proporzioni del fenomeno richiedono un coinvolgimento molto più ampio», dobbiamo «sollecitare un impegno più esteso a livello europeo e internazionale», ha detto il papa. E Mattarella ha fatto eco: «Il nostro Paese e l’intera Unione europea assistono a quello che lei ha definito un nuovo tipo di conflitto mondiale frammentato, sui territori più poveri, e di cui è immediata conseguenza il dramma dei profughi che tentano di approdare sulle nostre coste, sulle coste dell’Europa». L’Italia «invoca da tempo un intervento deciso dell’Ue per fermare questa continua perdita di vite umane nel Mediterraneo. Con quelle vite spezzate si perde la speranza di tante persone e si compromette la dignità della comunità internazionale. Rischiamo di smarrire la nostra umanità».
Poi le altre emergenze sociali, come la disoccupazione: «La carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio», ha detto il papa, aggiungendo che «è indispensabile» che i giovani, con il lavoro, «abbiano la possibilità di progettare con serenità il loro futuro, affrancandosi dalla precarietà e dal rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni», e chiedendo che «coloro che detengono posizioni di speciale responsabilità» affrontino «con coraggio, creatività e generosità questo problema». E Mattarella ha sottolineato come «il dramma della disoccupazione e delle nuova povertà rischia di inghiottire il futuro di intere generazioni». L’ambiente: «Per cercare di alleviare i crescenti squilibri ed inquinamenti, che a volte provocano veri e propri disastri ambientali, occorre acquisire piena consapevolezza degli effetti dei nostri comportamenti sul creato», ha detto il papa, che, come Mattarella, ripone una fiducia decisamente eccessiva nelle proposte che potranno arrivare dall’Expo.
Pochissimo spazio alle rivendicazioni sui «principi non negoziabili», tranne un accenno alla famiglia («primo e indispensabile baluardo di solidarietà e scuola di valori, che va aiutata a svolgere la sua insostituibile funzione sociale», ha detto il papa). E forte sottolineatura delle «eccellenti relazioni tra la Santa sede e l’Italia», per Mattarella frutto della «storica peculiarità oltre che della contingenza territoriale»; per il papa esito dei «Patti lateranensi» che garantiscono «reciproca sovranità e indipendenza e al tempo stesso il mutuo orientamento alla fattiva collaborazione, sulla base di valori condivisi e in vista del bene comune», purché «non si pretenda di confinare l’autentico spirito religioso nella sola intimità della coscienza» e si riconosca «il suo ruolo significativo nella costruzione della società». Le due sponde del Tevere sembrano quanto mai vicine.