«New York è funky, non è profumata. Ha l’odore del sesso» scriveva David Byrne un paio di settimane fa sul sito Creative Time Reports, suonando un campanello d’allarme: la città sta diventando un luogo per soli ricchi e rischia di perdere quel Dna unico che l’ha resa un luogo così determinante per molti artisti.
Uno di quegli artisti, che hanno tratto ispirazione da queste strade, dalle contraddizioni di questo posto da funk di cui parla Byrne era Lou Reed. «Una fetta di New York è morta insieme a lui» constatava ieri Jim Farber sul Daily News. «L’ultimo dei grandi personaggi delle vecchia New York. Un autentico, intrattabile, scorbutico» , concordava Michael Hogan sul sito di Vanity Fair. «La quintessanza della rock star newyorkese. É una prova del genio di Warhol essersene accorto subito», aggiungeva, dall’Inghilterra Charles Laurence.
«Aveva un carattere orribile ma era ciò che lo rendeva un vero newyokese. E lo amavamo per quello», piange anche il New York Post di Rupert Murdoch, che apre il necrologio con il ricordo di un rissa feroce tra «Lou» e un gruppi di marinai a cui non piaceva la musica dei Velvet Underground. «La sua morte non è solo la scomparsa di una leggenda della musica ma anche di un pezzo della New York ruvida, difficile, di un tempo».
Era facile vedere Lou Reed nel Village, East e West – dall’intramontabile ristorante Indochine, al vecchio The Grange, ai tavolini dei caffé sull’ Hudson. Con lui c’era quasi sempre Laurie Anderson, sua moglie. Sembravano innamoratissimi. Se eri fortunato, era seduto con loro anche David Byrne. Tre pilastri dell’arte newyorkese che facevano merenda. Viene spontaneo, adesso, immaginare il suo fantasma, in queste strade.
Quando domenica, verso le due di pomeriggio, si è sparsa la notizia della sua morte, le note di Perfect Day sono sgorgate dal sound system di DGBG, un’elegante, costosissima, brasserie sulla Bowery. Il ristorante di Daniel Boulud prende infatti il suo nome dal CBGB, il club che pochi isolate più a nord sulla stessa strada, era sinonimo della musica di Lou Reed, insieme a quella di Patti Smith, dei Ramones, di Debby Harry e dei Talking Heads. Ma CBGB ha chiuso nel 2006 quando il proprietario storico, Hilly Kristal, non ce la faceva più a pagare l’affitto. Il negozio di abbigliamento maschile John Varvators, che ha preso il su posto dal 2008, ha mantenuto il vecchio décor. Più scioccante il cambio di guardia al porto adiacente: l’ex galleria di CBGB è oggi infatti un negozio Patagonia.