Papa Francesco torna a occupare la (desolante) scena politica italiana e internazionale con una enciclica che prende nome dall’incipit del Cantico delle Creature del santo da cui ha ereditato il nome: Laudato si’. Il libro (196 pagine e 246 paragrafi) è uscito il 19 giugno, ma l’Espresso l’ha pubblicato ancora prima on-line, forse, come dicono, per depotenziarne il messaggio.

Ma questo messaggio arriva comunque forte e chiaro; ed è un testo che ha sorpreso anche i più avveduti ambientalisti ed ecologisti per la sua visione ampia: dalla critica feroce al modello di sviluppo economicistico, al tema del rapporto con la madre terra, all’ingiustizia ambientale, allo sfruttamento dell’ambiente, alla crescita illimitata, al tema dei migranti, al destino degli umani e perfino per la critica a uno degli elementi fondamentali della scienza moderna: il metodo scientifico con la sua sperimentazione «che è già esplicitamente una tecnica di possesso, dominio e trasformazione…».

Ogni confronto di questo messaggio di ecologia integrale con gli sbiaditi programmi in tema ambientale dei governi di qualsiasi Paese, è persino improponibile.

Quello di Francesco è un inno alla passione e alla convivenza tra tutti i viventi, un messaggio che lascia traccia profonda di sé, che scuote gli ignavi e i governi di tutto il mondo (si spera), che incalza coloro che si erano rassegnati a un mondo devastato, a una biosfera aggredita dall’uomo e che rischia di uscire per sempre dalle sue condizioni di stabilità.

Temi centrali sono quelli, della «famiglia umana», della responsabilità dell’oikos – la casa di tutti -, dello squilibrio tra Nord e Sud del mondo, della solidarietà internazionale, della politica ambientale dei Paesi potenti; insomma quelli che su queste stesse pagine, Guido Viale tante volte ha chiamato della «conversione ecologica». Né si tratta, nell’enciclica, di far valere esclusivamente le “ragioni” della natura sulle altre, poiché si sostiene che un vero approccio ecologico è sempre un approccio sociale tanto che Francesco pone sullo stesso livello il grido della terra e quello dei poveri. Il messaggio non è senza speranza poiché «le cose possono cambiare», afferma Francesco nell’enciclica.

Certo «gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione – anche fra i credenti – vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche». La critica al paradigma tecnico-economico e «alle forme di potere che derivano dalla tecnologia» non potrebbe essere più radicale. In linea con le più recenti teorie scientifiche sui sistemi complessi, la questione ambientale è vista come dis-equilibrio tra la velocità dei cambiamenti antropici indotti dall’uomo (che avvengono anche in poche decine di anni) e «la naturale lentezza dell’evoluzione biologica» (dove i cambiamenti si misurano nel corso di milioni di anni). A tale processo Francesco attribuisce il nome di «rapidacion» (rapidizzazione). Sul tema della produzione dei rifiuti e dell’inquinamento, la Lettera enciclica torna sulla «cultura dello scarto» che colpisce tanto gli esseri umani quanto le cose che si trasformano rapidamente in spazzatura: «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di rifiuti», tale che «gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi di spazzatura».

E poi il tema dei beni comuni come, ad esempio il clima, definito come «un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana». Anche su questo tema la critica al negazionismo scientifico è implacabile: «Negli ultimi decenni tale riscaldamento è stato accompagnato dal costante innalzamento del livello del mare, e inoltre è difficile non metterlo in relazione con l’aumento degli eventi meteorologici estremi, a prescindere dal fatto che non si possa attribuire una causa scientificamente determinabile a ogni fenomeno particolare (…), ma numerosi studi scientifici indicano che la maggior parte del riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra (…), soprattutto a causa dell’attività umana».

Francesco va ben oltre il tema dello Sviluppo Sostenibile, termine coniato nel 1987 dal Rapporto Brundtland, dove esso veniva semplicemente, e astrattamente, definito come: «uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». «Se la tendenza continua», afferma Francesco, «questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi». La differenza col Rapporto Brundtland è che Francesco legge le differenze che le conseguenze del cambiamento climatico possono avere sui più poveri: «Per esempio i cambiamenti climatici danno origine a migrazioni di animali e vegetali che non sempre possono adattarsi, e questo a sua volta intacca le risorse produttive dei più poveri, i quali pure si vedono obbligati a migrare con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli». Ed è «tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa».

Anche la denuncia delle responsabilità dei potenti è senza riserve: «Molti di coloro che detengono più risorse o potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando di ridurre solo gli impatti negativi dei cambiamenti climatici».

Sempre nel capitolo dell’analisi delle condizioni di degrado, c’è ancora il tema dell’acqua: «Un problema particolarmente serio è quello della qualità dell’acqua disponibile per i poveri, che provoca molte morti ogni giorno»; quello della perdita di biodiversità dove le diverse specie (e la loro eventuale scomparsa) non sono considerate solo come eventuali “risorse” ma per il valore che esse hanno in se stesse: «Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno più vedere, perse per sempre». Giudizi severi sono riservati anche alle tecniche in fatto di tutela dell’ambiente, come quelle che vanno sotto il nome di valutazione di impatto ambientale: «Quando si analizza l’impatto ambientale di qualche iniziativa economica, si è soliti considerare gli effetti sul suolo, sull’acqua e sull’aria, ma non sempre si include uno studio attento dell’impatto sulla biodiversità, come se la perdita di alcune specie o di gruppi animali o vegetali fosse qualcosa di poco rilevante».

Non mancano, nell’enciclica, proposte concrete; il capitolo quinto è dedicato «Ad alcune linee di orientamento e di azione», dove, tra l’altro, si legge, per esempio, che: «La strategia di compravendita di “crediti di emissione” può dar luogo a una nuova forma di speculazione e non servirebbe a ridurre l’emissione globale di gas inquinanti». «Qual’è il ruolo della politica?», si chiede inoltre Francesco, aggiungendo subito dopo che «abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi», e che «una strategia di cambiamento reale esige di ripensare la totalità dei processi, poiché non basta inserire considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la logica soggiacente alla cultura attuale. Una politica sana dovrebbe essere capace di assumere questa sfida». E infine, il tema della presunta neutralità della scienza che ricorda una figura assai cara ai lettori del manifesto (e non solo), quella di Marcello Cini: «D’altra parte qualsiasi soluzione tecnica – afferma Francesco – che le scienze pretendano di apportare sarà impotente a risolvere i gravi problemi del mondo se l’umanità perde la sua rotta, se si dimenticano le grandi motivazioni che rendono possibile il vivere insieme, il sacrificio, la bontà».

Insomma mai come in questo caso, l’invito è a leggere tutto il contenuto di questa straordinaria enciclica scritta di proprio pugno da Francesco poiché ogni frase, ogni virgola, è densa di messaggi sia di denuncia, sia di speranza nel cambiamento ancora possibile e, soprattutto, educa alla solidarietà tra la «famiglia umana» e la casa comune, la terra.