Serie A, si riparte da zero. Per non andare a ritroso, che è ancora estate. Da un campionato ormai quarto, quinto d’Europa. Succursale del pallone che conta. Valori tecnici quasi azzerati, attaccanti da doppia cifra italiani che lasciano per Bundesliga e Premier League. Immobile e Balotelli, che potrebbero essere accompagnati anche da Mattia Destro, se la Roma fa in tempo a ricevere un bonifico da oltre venti milioni di euro da club tedeschi o inglesi entro lunedì sera alle 23, alla chiusura della finestra estiva del mercato. Insomma cartello vendesi sempre in vista e batoste in Europa che si moltiplicano, tra amichevoli e gare ufficiali.

Con le prime pagine dei giornali che sono toccate ai parrucconi in campagna elettorale per prendersi la Figc, non a qualche figura autorevole fuori dal solito giro con proposte forti per riscrivere le regole del gioco (ce ne sono, da Baggio a Maldini). Intanto, le big italiane non esistono più. C’è la Juventus che si piazza davanti a tutti per centrare il quarto scudetto consecutivo. In fila anche per il colombiano Radamel Falcao in prestito, con ingaggio da dividere con il Monaco. E il Real Madrid, che ha tirato fuori 80 milioni di euro per acquistare in un battito di ciglia l’altro fenomeno colombiano James Rodriguez – non che faccia impazzire questo vorticoso giro di milioni nell’era dell’austerity -, pronto a rilanciare sui bianconeri ricoprendo d’oro i monegaschi.

E questa è solo una delle fotografie del calcio italiano ed europeo. I soldi da queste parti sono pochi (sette club non hanno sponsor principale sulla casacca) e le carenze, infrastrutturali, dirigenziali, restano enormi. Tra qualche settimana comincia l’edizione migliore per cifra tecnica della Champions League, che rispetto ai Mondiali brasiliani fa luccicare in vetrina anche Ibrahimovic e Bale assieme ai vari Messi, Ronaldo, Suarez, Robben. E sole due italiane nei gironi di qualificazione. I bianconeri finiti con Atletico Madrid finalista nella scorsa stagione e vincitore della Liga, con Olympiakos e Malmoe. Mentre la Roma paga l’esordio (era nella quarta fascia al sorteggio, tra quelle con più basso coefficiente Uefa del pacchetto) con Bayern Monaco, Manchester City e Cska Mosca.

Giuseppe Rossi esulta dopo il gol segnato al Livorno
Giuseppe Rossi esulta dopo il gol segnato al Livorno

Serve l’impresa, come quella del Napoli di Mazzarri, tre anni fa o degli azzurri con Benitez l’anno passato, fuori con 12 punti nel raggruppamento con Arsenal, Borussia Dortmund, Marsiglia. È anche la prima stagione in Serie A senza Antonio Conte, ora commissario tecnico dell’Italia a libro paga anche dello sponsor Puma (lasciamo perdere..), sulla panca bianconera. E senza l’X-Factor Conte ci sarà un torneo più equilibrato. A Torino è arrivato Allegri, pacato e capace ma Conte era anima muscolosa e intellettuale del capolavoro juventino in Italia, che però ha fatto acqua in Europa. Assieme ai torinesi partono in prima fila anche Roma e Napoli, nonostante la batosta per gli azzurri nei preliminari di Champions League contro l’Athletic Bilbao.

I giallorossi si sono rinforzati con Iturbe e un paio di vecchietti usato sicuro, Cole e Keita, sino alla polemica partenza di Benatia, attratto dall’ex marco pesante diventato euro in Germania, al Bayern Monaco. E dovranno sopportare lo stress di tre competizioni, compreso il complicato percorso in Europa, un lusso che possono concedersi solo big europee con 20 calciatori di livello, dal Real Madrid al Barcellona, Bayern Monaco o Chelsea.

A Napoli serve invece uno slancio di chiarezza del patron De Laurentiis, dopo promesse a mezzo stampa non mantenute: investimenti o ridimensionamento. Alle spalle del terzetto, le milanesi e la Lazio. A Milanello, Berlusconi punta su Pippo Inzaghi per ricreare il brand Milan. Ma occorrerebbero anche un paio di calciatori buoni, non solo quelli che Mino Raiola o Jorge Mendes o Kia Joorabchian, propongono a costo zero a Galliani. Procuratori potenti come cartelli inseguiti con il bastone dalla Fifa: dall’aprile 2015 per loro la commissione su un trasferimento vale non oltre il 3% dell’ingaggio totale dell’atleta per la durata del contratto oltre alla liberalizzazione del sistema. All’Inter invece Thohir mette le fiches su Mazzarri e un mercato low cost esaltato dai media con la memoria corta: i cartellini degli atleti presi in prestito oneroso vanno riscattati, l’anno dopo.

Lotito invece ha vissuto la sua grande estate. Dopo aver rafforzato la Lazio, il suo telefonino bollente ha portato Carlo Tavecchio al vertice della Figc, poi si è vestito da padre nobile rinunciando alla carica di vicepresidente della federazione (palese conflitto di interessi con la sua posizione di patron del club romano). Senza dimenticare che mentre si dà il calcio d’inizio al campionato italiano sullo scranno più alto in Figc c’è Tavecchio, il dirigente della Bananagate neppure sfiorato dall’indagine aperta e archiviata della procura federale della Figc. E già che ci siamo, ci sarebbero le responsabilità da distribuire ai colpevoli dell’azienda italiana calcio mandata in fallimento, la morte di civili fuori agli stadi con colpevoli ancora da individuare con certezza e carenze del servizio di sicurezza pubblico, curve finite nella materiale disponibilità degli ultras.

C’è poi la pièce teatrale messa in atto per la vendita dei diritti televisivi della Serie A 2015/2018, protagonisti Sky e Mediaset: dopo scaramucce in video, la prima ha mantenuto i diritti sulle gare della massima serie, il Biscione si è garantito il pacchetto delle prime otto in classifica, i club hanno monetizzato per quasi 1 miliardo di euro (per questo motivo quest’anno in A ci sarà la corsa a salvarsi, per poi essere tra i beneficiari dei milioni di euro distribuiti a pioggia), la Lega si è detta favorevole a un sublicenza che porterebbe di nuovo la Champions League (esclusiva Mediaset dal 2015) di nuovo sugli schermi anche della tv di Rupert Murdoch. Dunque pacchetti rinegoziati, niente tutela per gli altri concorrenti.

Ci sono poi i teatri del pallone quasi vuoti. E questo è il problema numero uno. Con metà degli spettatori in media rispetto a Bundesliga e Premier League. In attesa che il premier Renzi dia un seguito all’annunciato provvedimento sulla legge sugli stadi. Con il decreto preparato dall’esecutivo Letta – tempi più rapidi per realizzare strutture piccoli e medi impianti -, che piaceva al Coni, meno ai grandi club per lo stop a nuovi insediamenti immobiliari. E tra le poche note liete, c’è il via al campionato primavera. In campo i ragazzi del ’96, pare sia la migliore generazione del calcio italiano. Sperando che giochino in stadi migliori, guidati da dirigenti migliori, tra qualche anno, in prima squadra.