Ci risiamo. Anzi, forse si è fatto peggio dell’Optì Pobà «che prima mangiava banane e che poi giocava titolare nella Lazio» pronunciato dal presidente della Figc Carlo Tavecchio, prima della sua elezione. Da qualche ora il calcio italiano s’interroga anche dell’uscita sessista del presidente della Lega Nazionale Dilettanti Felice Belloli, che lo scorso 5 marzo in una riunione aveva detto, a proposito del calcio femminile che chiederebbe più fondi alla sua federazione «Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche».

Scoperchiato il vaso di Pandora, il capo della Lega Dilettanti ha provato a piazzare il silenziatore sulla vicenda, spiegando di non aver pronunciato la frase incriminata, subito smentito però dal segretario del dipartimento calcio femminile che aveva redatto il verbale, Patrizia Cottini, su La Gazzetta dello Sport: «Quando verbalizzo, io faccio il notaio e scrivo. Quella frase se è scritta è stata pronunciata». Lo conferma anche Sonia Pessotto, ex calciatrice e consigliera del dipartimento calcio femminile Figc.

Niente da fare, da un giorno il caso è esploso su tutti i media. Con il presidente della Figc Tavecchio che si è affrettato a stigmatizzare l’accaduto, in attesa degli atti acquisiti dalla Procura federale.

Lo stesso Tavecchio ha ricordato il suo impegno – va dato atto – per il pallone rosa, con tre nuove nazionali, le adesioni per l’apparentamento dei club femminili con il calcio professionistico maschile, con la finale di Champions League 2016 a Reggio Emilia. Senza dimenticare un’altra perla dal suo raffinato repertorio d’intolleranza delle calciatrici handicappate nell’attività tutta maschile di trafficare con una palla.

Una partita della nazionale di calcio femminile under 17
Una partita della nazionale di calcio femminile under 17

Con il caso Belloli si conferma un problema a monte. Che si ripresenta ormai ciclicamente nel nostro calcio. Ovvero dirigenti ai posti di comando che non sanno neppure cosa sia la cultura dello sport. Che, in circostanze pubbliche, come avvenuto per il presidente della Lega Nazionale Dilettanti, si lasciano andare a espressioni irriguardose, sessiste, fuori luogo, che nulla hanno a che vedere con i valori dello sport, tolleranza, rispetto, nessuna discriminazione su sesso, etnia, religione.

Belloli è a capo del calcio dilettanti, anche femminile. Quindi ha tradito il suo mondo, le sue iscritte, le sue atlete, già costrette a scontrarsi spesso contro il muro dell’intolleranza sui campi.

La priorità di Belloli, una volta scoppiato il caso, è stata ribadire che non si dimetterà, che resterà al suo posto, facendo chiarezza su una situazione che già ora appare cristallina. Non toglie il disturbo da solo, certo, perché dovrebbe farlo? «Questo è un golpe». Ma di chi, gli chiedono: »Non posso essere certo io a dirvi chi è stato, se c’è stata la manina o la manona». In ogni caso «non mi dimetto. Aspetto tutti gli accertamenti possibili e immaginabili», ha avvertito rincarando la dose: «Potrei pensare a dimettermi solo se sarò condannato».

Del resto anche il capo del movimento italiano Tavecchio, dopo le offese ai calciatori di colore, non ha fatto un passo indietro per la poltrona di presidente Figc. E, dopo essere stato eletto da presidenti che hanno occhio solo per il portafogli, si è ripetuto, niente dimissioni nonostante l’inchiesta disciplinare con squalifica a suo carico della Fifa per razzismo.

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Una partita della nazionale di calcio femminile under 17

Mentre il numero uno della Lega Pro, Mario Macalli, qualche giorno fa è stato squalificato per sei mesi per un’avvilente sequenza di abusi, traffici e sotterfugi.
In sostanza, il calcio italiano, un movimento da un milione e duecentomila tesserati, che produce un giro d’affari da un miliardo e mezzo di euro, produce dirigenti incapaci (il capo della Lega dilettanti Belloli ha parlato in una circostanza pubblica, non intercettato al bar) e intolleranti. Con scuse anticipate a chi, a livello locale, regionale, si adopera per un calcio pulito, spinto dalla passione, senza essere retribuito.

Per protesta le squadre di serie A femminile, in accordo con l’Aic, scenderanno in campo con 15 minuti di ritardo nel prossimo turno di campionato.
Va assolutamente rivisto il criterio di selezione delle classi dirigenti, perché nessuno assicura che dopo Belloli, (smascherato dal verbale sarà mandato via entro poche ore) sarà eletto qualcuno diverso da lui. O da Tavecchio.