Il calcio senza biscotto. Senza partite con risultato deciso a tavolino, con attori più o meno protagonisti che recitano la loro parte sino al triplice fischio. Possibile? Pare voglia provarci Gianni Infantino, il nuovo numero uno della Fifa, il primo dell’era post Sepp Blatter, che sta lavorando all’idea dell’allargamento dei Mondiali a 48 squadre, anziché a 32. Una rivoluzione copernicana del pallone con data di partenza 2026. Mancano dieci anni, chissà quanto cambierà il pallone in giro per il mondo – e quanti governi ancora in Italia – ma il segnale è chiaro: allargare le porte del calcio a nuovi Paesi, nuovi mercati, nuovi campioni. Un po’ l’idea sposata da Michel Platini – il francese ha un legame stretto con Infantino da anni – con gli Europei francesi della scorsa estate, da 16 a 32 partecipanti. Infantino vuole cancellare la X nelle partite dei gironi di qualificazione, che sarebbero 16, ognuno con tre squadre, secondo la sua riforma del format mondiale: due ai sedicesimi di finale a eliminazione diretta, l’ultima a casa. Ogni incontro finito in parità sarebbe deciso dai calci di rigore.

Una formula ideata per evitare accordi sottobanco soprattutto nell’ultima partite del girone di qualificazione tra due squadre, a danno della terza che riposa. L’idea di Infantino non è stata ancora sottoposta al Consiglio della Fifa. E rappresenterebbe senza dubbio un passo in avanti verso la trasparenza, dopo la recente assegnazione di un rigore nel Mondiale per club attraverso la moviola in campo, la VAR, in Giappone tra il Kashima Antlers e Atletico Nacional di Medellin. Niente più recriminazioni, rumors, sospetti. E soprattutto niente più partite più o meno truccate, che occupano un posto di rilievo nella narrativa del pallone.

Un fenomeno senza tempo che ha portato benefici ma anche incubi alla Nazionale italiana. Trentaquattro anni fa l’Italia di Enzo Bearzot pareggiava con il Camerun (1-1), per gli azzurri bastava non perdere dopo i contestati pari con Polonia e Perù, tra i fischi dei tifosi in Spagna e, idealmente, in Italia. Partita inguardabile, quasi non giocata dalle due squadre, saltò fuori un’inchiesta. Non se ne fece nulla ma i sospetti non sono mai svaniti. Ma i casi sono tanti. E se l’Italia ha pagato il conto agli Europei 2004, eliminati grazie all’«amichevole» 2-2 tra Svezia e Danimarca, i tedeschi sempre ai Mondiali ‘82 scrissero «il patto di non aggressione di Gijon»: sconfitti 1-0 con l’Austria, 80 minuti di partita alla camomilla dopo il vantaggio austriaco, punteggio che mandava avanti nel torneo le due nazionali, con Nigeria eliminata. Forse, il peggior biscottone di sempre dopo quello avvenuto quattro anni prima, in Argentina. L’Albiceleste che doveva vincere i Mondiali per non far perdere la pazienza al generale Videla cercava un successo con almeno quattro reti di scarto contro il Perù, che di reti ne aveva subite cinque in sei partite.

Complicato? Non per il portiere dei peruviani, El Loco Quiroga, una specie di René Higuaita ante litteram e originario di Rosario – la sede della partita-, che diventava spettatore non pagante nel successo argentino, 6-0, per la soddisfazione della Junta Militar. Quiroga negli anni era l’indiziato numero uno, senza prove fondate, della gara accomodata. E qualche anno fa era uno scrittore argentino, Fernando Rodriguez Mondragon, figlio dell’ex capo assoluto del narcotraffico di Calì, in un libro a spiegare di essere venuto a conoscenza della partita truccata. La fonte era uno zio inserito nel giro della coca. L’Argentina doveva raggiungere la finale, il Brasile invece era destinato all’eliminazione.