L’arrivo in sala di The Dark Side of the Sun è un evento, e non si può che essere felici anche se l’edizione è doppiata, e se ci sono voluti due anni da quando è stato presentato al Festival di Roma facendo il giro del mondo, e dei festival, ovunque amato. Non perdetelo perché è un bel film, e quella che può apparire come una storia triste, di bambini che una rarissima malattia rende intollerabili al sole fino alla morte, diventa nel racconto e nelle scelte visive di Carlo Hintermann una fiaba commuovente e gioiosa, piena di vita e di allegria che sono la sfida magica, tenace e battagliera di chi non si arrende cercando, in fondo come tutti noi, il proprio posto nel mondo.

Chi sono questi ragazzini «lunari», che possono uscire solo di notte, quando i raggi solari non li colpiscono? La loro malattia si chiama XP,Xenoderma Pigmetosum, è abbastanza rara, forse non come vogliono fare credere i medici ma tanto da dissuadere le multinazionali farmaceutiche a investire nella ricerca. Lo stesso accade nella vita di tutti i giorni; immaginiamo un bimbo o una bimba che non possono uscire di casa, come faranno a andare a scuola, a conoscere degli altri bambini, a giocare con loro nel parco o sulla spiaggia, e crescendo a innamorarsi, a viaggiare con gli amici in tenda a nuotare o correre dietro a un pallone?

E i genitori, o i fratellini e le sorelline del bimbo, come sarà la loro vita divisa tra differenti fusi orari nello stesso luogo e nello stesso momento? Dan e Caren Mahar quando hanno scoperto che Katie, la loro figlioletta, si bruciava al sole peggiorando sempre di più con tumori alla pelle, all’improvviso si sono trovati davanti a una scelta: spezzare in due la loro vita familiare condannando Katie alla solitudine, o inventare una dimensione in cui questi antipodi potessero convivere. Così è nato Camp SunDown, un campo estivo che i due genitori di Katie organizzano ormai da diversi anni nello stato di New York, rivolto ai bambini malati di XP e ai loro genitori o fratelli.

Un luogo attrezzato con quelle strutture speciali quasi sempre assenti altrove in cui gli ospiti, piccoli e grandi,possono fare tutto ciò che è complicato nella vita di tutti i giorni: tuffarsi in piscina, passeggiare nel bosco, giocare a football americano, innamorarsi, scambiarsi confidenze e paure e sogni lontani per una volta dalla protezione dei loro genitori. Che a loro volta passano del tempo con chi affronta la stessa battaglia, scambiandosi esperienze e storie, come quella della mamma che ha infine ottenuto i vetri oscurati alla scuola della figlia, o di una delle ragazze più grandi, Fatima, che ha ventidue anni, e vive in provincia di Torino, e grazie al Campo ha imparato a conoscere meglio la sua malattia e ai medici sa ora cosa chiedere.

Hintermann ha frequentato il Campo a lungo, ha conosciuto i suoi ospiti, è stato insieme a loro,ma questa relazione è il cuore del film, e la sua forza di verità. Solo così infatti può rovesciare l’immagine comune della malattia al cinema liberandola dalla piattezza sempre un pò morbosa dell’inchiesta o dal pietismo della lacrima facile. Lo spazio in cui si muove, con delicatezza e infinite difficoltà – pensiamo all’uso delle luci che dovevano essere non invasive per l’epidermide dei ragazzi – è quello di una narrazione fantastica, in cui la realtà del doppio mondo si trasforma in un’avventura speciale.

Qui incontriamo Rachel la bambina magrissima e spaventata, Mackenzie con la passione del nuoto, Chris che arriva da Brooklyn e ha ormai diciassette anni, e sopra di tutti Kevin, uno dei primi ospiti, morto a trentacinque anni, che per tutti loro è una specie di angelo custode. La notte diviene anche il silenzio in cui si intrecciano le loro voci, i racconti dei loro segreti. Ma sullo schermo i ragazzini si trasformano, i loro alias sono manga che gli somigliano e parlano con la loro voce dicendoci dell’origine che li accomuna e che li ha resi speciali, la luna li ha voluti per sè mandandoli sulla terra dove continuano a essere i suoi figli prediletti.
Visivamente il film sperimenta molti registri, mescola generi e formati, animazione appunto e riprese della vita al Campo. Ma è in questa molteplicità che la dimensione dei protagonisti si afferma nelle sue sfumature, con pudore, rispetto e tenerezza. Piccoli eroi fantastici che volano verso le stelle, e senza retorica ci confidano la metafora del mondo.